Quarantasette anni – quelli cui arrivo oggi – sono uno sproposito.
Seguendo una tradizione familiare iniziata due anni fa e proseguita l’anno scorso, anche quest’anno trascorro questo giorno nella montagna in mezzo al mare, e più precisamente in quei luoghi che per me, chiudendo gli occhi, sono casa.
Penso a tante cose. Penso a chi per anni mi ha augurato buon compleanno e ora non c’è più (“nel cuore / nessuna croce manca”, direbbe Ungaretti). Penso ai progetti che ho abbandonato o dovuto abbandonare, a tutto quel che avrei voluto e potuto fare e non ho fatto e insomma, sono nell’età in cui qualche bilancio devi farlo per forza e non tutto è ancora possibile. O, come direbbe Giovanni Giudici:
Ho l’età
in cui dovrei fare ciò che volevo
fare da grande e ancora non l’ho deciso.
Penso, citando Zu, a quel che succede due giorni dopo l’antivigilia del vero capodanno, che è poi il medesimo concetto che Luca Goldoni ha espresso più volte nei suoi libri.
E dunque oggi è un giorno nuovo. E mi viene in soccorso il Pavese del diario (23 novembre 1937):
L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante.
E sempre lui scriveva, il 14 ottobre 1932 a E.:
Io qui farò tant’altro. Studierò e lavorerò per fare della mia vita la cosa migliore e più bella di cui sarò capace. Per ora vedo quest’avvenire un po’ confusamente, ma non mi spaventa. Ho passato dei momenti atroci nella mia vita e sono ancora qui.
Insomma davanti a me ci sono tanti progetti da immaginare, da seguire, da fare. Forza!
E poi venne settembre: http://t.co/nOLtSuqo0C [un ringraziamento a tutti gli amici che mi hanno scritto oggi] http://t.co/Reupu7gYxK
[…] Chi ch’a pudrà e a vurrà as truvrà a Soperga, autramentre a soa ca. Un gest cit, che mi i farai da la montagna an mes al mar. […]