Set 08

La Corsica dunque misura la mia vita. I pensieri che provoca, così facendo, sono a volte gioiosi e a volte un po’ tristi. Sia gli uni che gli altri sono però sempre sereni: questo posso giurarlo (Stefano Tomassini, Amor di Corsica)
Marmuntagnja
Non è stato diverso rispetto all’anno scorso – non poteva esserlo.

Per giorni prima della partenza avevo immaginato quel “pellegrinaggio”, il sabato pomeriggio, a salutare, rendere omaggio, vedere per una volta ancora i luoghi della “mia” Corsica. (No, la Corsica non è mia, sarò sempre un ospite qui, ma l’incantagione che mi provoca la rende parte di me.)

Quando è venuto il momento ho preso l’auto. C’era mia figlia piccola con me, il che rendeva meno doloroso quel distacco. Siamo andati verso i luoghi che fanno parte della nostra mitologia corsa: Porto Pollo (ça va sans dire), Serra di Ferro (per via di U San Petru), Marmuntagnja (dove, e non so spiegarmi con precisione perché, c’è una casa che è per me l’epitome perfetta dell’idea che ho della Corsica).

Della nostra mitologia, perché è assolutamente vero quel che scrive Stefano Tomassini (Amor di Corsica):

In un certo senso posso però dire di averli già fregati. Il mal di Corsica è una malattia familiare: non so se l’hanno ereditata ma è certo che i miei figli non potranno mai fare finta che la Corsica sia per loro un posto qualsiasi.

Pochi luoghi, sempre i medesimi. Adoro le novità ma in un giorno come quello non potevo non voler camminare ancora una volta in quei luoghi che mi hanno visto felice, tanti anni fa come pochi giorni fa.

Ancora Tomassini:

Forse misuravo il mio rapporto con quell’isola che un’altra volta lasciavo e che un’altra volta mi promettevo di rivedere.
Forse, quasi di nascosto, segretamente, scoprivo che la Corsica era la mia misura, la misura della mia vita.

Ecco, queste parole definiscono con sufficiente precisione i motivi di quel mio vagare: è stato quasi un ripercorrere i miei pensieri di questi dodici anni corsi, ripercorrere con la mente episodi magari non significativi ma che comunque fanno parte di una vita, anzi di più vite. E in quella parola, “misura”, c’è probabilmente la chiave (via, una chiave) del mio attaccamento all’isola.
lumin
Poi, mia figlia e io, da soli, avevamo un “appuntamento” al calar del sole: accendere un lumino proprio in quel giorno e proprio in quel momento (è una vecchia tradizione piemontese che ricorda il voto di Superga fatto nel 1706 da Vittorio Amedeo II). È stato un arrivederci sereno ai “nostri” luoghi di Corsica.

Sempre Tomassini dice che le partenze sono “sopportabili finché ci saranno ritorni, o almeno l’idea di poter tornare”: ecco, quel pellegrinaggio è stato un salutare quei luoghi e quelle persone, un arrivederci. Mi sono salutato, per così dire: mi sono rimescolato e mi sono riconosciuto, direbbe Ungaretti. Questo percorso mi ha portato pace, e la partenza è stata sopportabile.


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Un commento a “Porto Pollo blues”

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