Mag 16

L’altro giorno telefona un traduttore alle prime armi, molto candido per la verità. Mi dice che si è appena laureato e sta cercando di cominciare, per cui se abbiamo bisogno per traduzioni eccetera. Io gli dico che no, perché noi lavoriamo con traduttori professionisti, anche se mi rendo conto che da qualche parte bisognerà pur iniziare.

“Ma nemmeno per le revisioni?” “Eh no, le revisioni sono la stessa cosa, nel senso che vengono fatte comunque da traduttori e/o revisori professionisti”.

“Va bene, però allora se lei mi lascia un indirizzo mail nel caso in cui possa avere bisogno le mando il mio curriculum”.

Questo è l’episodio. Io questa scena l’ho già vissuta countless times e faccio qualche considerazione.

La prima è la “tenerezza” che mi fa questa persona, perché rivedo il me stesso di vent’anni fa o quasi. Quindi da questo punto di vista lo invidio.

La seconda è pratica, di lavoro: nessuno sta aspettando quella persona, o chicchessia, per aggiungere un nome al database dei traduttori. Dunque la priorità è sapersi presentare in maniera professionale e dimostrare che si può portare valore al cliente (anche parlando la sua lingua).

E in questa direzione specifica c’è molto da fare, perché troppo spesso i traduttori – e ne ho conferme continue – escono dalle scuole di traduzione ferratissimi sulla traduzione in sé ma senza la minima idea del mercato, delle persone e aziende con cui si confronteranno, a chi offriranno il loro servizio eccetera.

Non sono naturalmente obiettivo nel dirlo, ma credo che il workshop che grazie a Sabrina Tursi avevo tenuto a Pisa un paio di mesi fa sia molto utile (indipendentemente dal fatto che lo tenga io), tant’è che lo replicheremo entro fine anno a Torino e poi faremo delle altre date.

Infine grazie a questo “ragazzo” – absit iniuria verbis – per aver dato lo spunto per questa riflessione, e con l’augurio di risentirci a idee più chiare per lui e con un proposta precisa verso di me e i miei colleghi.

Mar 28

Lo so, è la vanità che mi fa parlare, ma la sensazione più bella l’ho provata a corso finito, quando ho ricevuto un applauso caloroso, molto più lungo di quel che mi sarei aspettato, tant’è che Pierangelo per togliermi dall’imbarazzo ha detto qualcosa come “Basta, altrimenti si commuove…”

A Pisa, sabato, è stata una giornata impegnativa. Mi ero preparato a lungo, e Sabrina aveva organizzato in maniera impeccabile il workshop; ad un certo punto l’evento è iniziato e c’ero io, ragazzo ex-timido, davanti a venticinque persone che avevano pagato dei soldi, investito del tempo e delle energie per venirmi a sentire, ovvero per portare via dalle mie parole dell’ispirazione e degli spunti pratici sul come fare marketing verso i loro clienti. Era una responsabilità, ma non mi spaventava: so che ho del valore che posso trasmettere.

Stando ai commenti ricevuti dopo, la giornata di formazione di sabato è stata recepita molto bene dal pubblico. E cosa dire delle richieste di dediche sui miei libri?

Bene, sono contento. Anzi, sono felice. Ma non basta. I commenti e le osservazioni su ciò che si può migliorare saranno un’occasione di crescita. E tutti coloro che erano in aula hanno dato tantissimi spunti di discussione: grazie a loro e ai loro interventi la giornata ha avuto sostanza e valore.

I partecipanti lo sanno, hanno tutta la mia stima per essere stati presenti. E per parte mia, poiché adoro le citazioni, terminerò rubando le parole a Chris Guillebeau:

I would do it again tomorrow. Next time I want to do a 7-continent book tour.

Mar 14

Sabato 26 marzo a Pisa parlerò di marketing per il traduttore professionista: analizzeremo i principali strumenti che abbiamo a disposizione per contattare in maniera creativa i nostri clienti potenziali.

E lo faremo nell’ottica della condivisione della conoscenza: mettere insieme quanto sappiamo per giungere ad un ordinamento di livello superiore. Nelo Risi:

Vorrei solo che dall’urto
nascesse una più energica morale.

Ecco, una più energica morale – si parva licet – per chi ci sarà quel giorno mi sembra un bel risultato. Una più energica morale nel senso di pensare al marketing come fonte di energia e creatività, come divertimento (il lavoro dovrebbe essere così, dopotutto – almeno secondo me). Il marketing 2.0, potremmo dire.

Ecco un florilegio di argomenti che toccheremo:

1. permission marketing vs. interruption marketing, ovvero l’empatia come chiave per il successo nelle relazioni d’affari;

2. chi sono io? Chi sono i miei clienti? Ovvero, occorre definire i propri servizi e la tipologia di cliente che si intende servire, analizzare i propri punti di forza e di debolezza (avere sempre in mente lo scopo per cui si intraprende una data azione, insomma);

3. strategie di prezzo, e come stilare un preventivo;

4. servizio al cliente come marketing rafforzativo;

5. come scrivere un résumé e una mail di accompagnamento efficaci.

Qui i dettagli. Vi aspetto.

Mar 07

Ho ricordi molto piacevoli dell’ultima conferenza AITI (Bologna, 6-7 giugno 2008): clima festoso e collaborativo, organizzazione impeccabile, una sorta di grande festa del mondo della traduzione.

Ero stato invitato a parlare, e con Frauke Joris avevamo preparato un intervento sulle solite questioni “calde”: tariffe, rispetto.

Un tempo tremavo all’idea di parlare in pubblico, da qualche anno invece mi carica. Anche a Bologna è stato così. Mi sovviene – anche se il parallelismo è un po’ ardito – Luca Goldoni, che da persona assai timorosa all’idea di apparire in pubblico si è aperta con gli anni fino a diventare un affabulatore brillantissimo.

In questi giorni, a chiusura di quel cerchio, ho ricevuto gli atti. Ecco qui il sunto dell’intervento mio e di Frauke che quegli atti contengono.

Feb 14

Che cos’è il marketing? Per me, è quell’insieme di attività che portano il tuo servizio da te al cliente, ovvero il processo attraverso il quale si inducono i potenziali clienti a dare valore al tuo servizio. Quindi, ciò che tu quotidianamente fai per far sì che i tuoi clienti apprezzino i tuoi servizi, e scelgano te in caso di bisogno.

Ne parlerò sabato 26 marzo a Pisa, in una giornata dedicata al marketing per il traduttore: metterò a disposizione di chi avrà la pazienza di ascoltarmi un pezzetto della mia esperienza. Il tutto con un taglio pratico e diretto (le cose teoriche non le ho mai capite bene, è un mio grande limite): dirò la mia su che cosa è opportuno fare per avere e mantenere più clienti.

Questa giornata è resa possibile grazie all’energia di Sabrina Tursi, traduttrice che organizza da tempo corsi dedicati ai traduttori su temi di interesse per la professione (sua è anche l’organizzazione di Gli adempimenti fiscali del traduttore/interprete professionale, che ha già avuto diverse edizioni – l’ultima a Milano la settimana scorsa). Qui il programma completo e le modalità di iscrizione.

Dagli albori di Tesi & testi, e anche prima, il marketing è sempre stato uno dei miei pallini. Per dirla alla Pavese, mi sono forbito e preparato “in tutta calma a essere un cristallo” (Il mestiere di vivere, 4 maggio 1946). Il marketing è sempre stato mio amico e ora ho l’opportunità (e la fortuna) di trasmettere questa conoscenza.

Giu 29


Sono entrato nel settore delle traduzioni assolutamente per caso, circa 15 anni fa, e senza alcuna esperienza. Se una piccola dote posso ascrivermi in questo lavoro, è quella di imparare dagli errori; e avevo capito presto che osservare quello che succede sul mercato è fondamentale per prosperare. (E il mercato, per me, è un concetto molto semplice: banchi di frutta osservati dal basso – uno dei miei primi ricordi a colori –, il profumo della frutta intorno a me e le voci di chi comprava e di chi vendeva.) Di conseguenza, un mio piccolo merito può essere quello di aver sempre messo l’accento, parlando con i traduttori (su Langit, alle conferenze, in scambi privati eccetera), sull’importanza del marketing.

Ora però sono giunto alla conclusione che – in definitiva – tutto questo parlare non è molto di più che un parlarsi addosso: elegante forse, ma inutile di fatto. Lo capisco per esempio da mail che ogni tanto mi arrivano. L’ultima qualche giorno fa, dove l’oggetto è “candidatura traduzioni inglese spagnolo 0,02 cent”, proveniente da una persona con due lauree.

Due cent per due lauree, un centesimo a laurea. Ai miei occhi non è poi molto diverso dal chiedere la carità: dignitoso, ma fuorviante. E discutere, ahimè, non serve, perché non parliamo il medesimo idioma. Direbbe Antonio Piscopo, indimenticabile personaggio di Eduardo (Sabato, domenica e lunedì):

Mannaggia la testa del ciuccio! e lo fate apposta. Io non è che per orgoglio non confesso una debolezza mia, che me ne importa a me? All’età mia mi metto a fare l’educato? Ma è che mi sono scocciato di dirlo.

Insomma il mondo non cambia, né potrebbe: perché l’animo umano è quello e non muta. Io ho scelto di ridurre i clienti e concentrarmi solo su quelli redditizi – non sul cliente multinazionale, che vuole lo sconto del 20% perché dice che i miei colleghi, la crisi eccetera bla bla bla, ma su coloro cui il lavoro serve e ti ringraziano per quello che fai, come succede quando l’idraulico viene a liberarti la casa allagata. Però quando lo racconto chi mi crede? Al più sono il ragazzo fortunato eccetera. Provo a dirlo allora prendendo a prestito le parole di Simone Perotti:

E’ solo che da quasi nove mesi non faccio che spiegare cose che, a volte, mi pare vengano fraintese un po’ a soggetto. IO accetto qualunque obiezione e critica, ma mi batto come un leone per far capire che la mia scelta è vera, non ha paracadute speciali, si basa su risorse interiori. Io non sono un privilegiato, ho pagato e pago un prezzo, alto, a volte molto alto, per un premio che ritengo eccellente: maggiore libertà. Su questo pretendo di essere creduto non certo condiviso.

Insomma è un gioco delle parti, un teatrino che non muta. “Capire, in fondo, è inutile”, direbbe Eduardo. E io non ho speranza (non ragionevole, almeno) che la situazione cambi, so perfettamente che troppi traduttori non riescono a vivere decentemente del loro lavoro perché non osservano le regole elementari e immutabili del mercato.

Ma dirlo non serve, e fare la Cassandra inascoltata non è divertente. Nonostante ciò, segnalo ancora una volta la splendida intervista di Marcela Jenney a Renato Beninatto, che ripercorre tutti i temi principali che un traduttore può ignorare solo a proprio rischio. A Renato si deve anche il disegnino qui sopra – elementare ma assolutamente esplicativo, come le immutabili leggi del marketing –, dove l’uomo più grande (e sorridente) è il nostro cliente e l’omino piccolo (e triste) è ovviamente il traduttore.

Non è un caso che da Renato io abbia sentito per la prima volta parole come “Skype” (Bologna, Galleria 2 agosto 1980, in una pausa della conferenza Federcentri, ottobre 2005) e “Facebook” (San Francisco, conferenza ATA, novembre 2007). Insomma, chi si trova in difficoltà e ha desiderio di cambiare potrebbe per esempio partire da ciò che dice quell’uomo: ascoltandolo con spirito critico ma mooolto attento. (E poi metterlo in pratica, si capisce: la conoscenza senza pratica non è utile a nessuno. Altrimenti come si spiegherebbe l’esercito di professori, molti dei quali veri pozzi di scienza nella propria disciplina, che vive con 1.400 euro al mese? E non pare di vedere un parallelo, qui, con molti, troppi traduttori?)

Mar 10

Ovvero: buona parte di quello che so del mio mestiere non l’ho imparato a scuola

Danielle LaPorte non ha certo bisogno di presentazioni. Mi ha colpito un suo recente post, un elenco di errori che sarebbero da evitare ma che, se commessi, sono una manna perché insegnano molto sul proprio lavoro e soprattutto su di sé.

Mi sono ritrovato in molti di essi, e in particolare nel numero 3 (Got a workspace too soon), perché in quelle righe mi è sembrato di ripercorrere l’intera storia logistica di Tesi & testi.

Il mio primo ufficio era una stanza di 15 metri quadri circa e col bagno in cortile (era il 1995 – nel 1940 non ero ancora nato): lì comunque ho posto le basi per il futuro, ho avuto intuizioni che mi piace definire brillanti e ho provato emozioni intense riguardo alla mia creaturina di allora. (Come ad esempio la gioia di possedere un vero fax.)

Poi nel 1997 capii – meglio, credetti di capire – che un imprenditore deve avere tra le altre cose molto spazio per la sua azienda e un ufficio angolare per sé. La nuova sede era elegante, spaziosissima, molto bella da vedersi e confortevole come ufficio: ma di fatto ho passato anni interi a lavorare per pagarla.

Quando ci siamo spostati le cose sono migliorate, ma sono andate veramente a posto solo 14 anni dopo (sono lento a prendere il ritmo in tutto quello che faccio, è uno dei miei 800 difetti), quando il cerchio si è chiuso e sono ritornato nell’appartamento che fu della madre superiora. Spazi piccoli, vita di provincia, soddisfazioni enormi; e la bottom line non può che beneficiarne.

Gli errori, una manna dal cielo. Grazie Danielle.

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Mar 02

Andrea Tuveri è prima di tutto un amico carissimo, ma poi è un traduttore brillante ed esperto. Giovedì 11 marzo dalle ore 9 alle 13 prenderà parte, presso l’Aula Magna dell’Università di Cagliari, ad una tavola rotonda dal titolo Tradurre per l’Europa unita. La pratica del multilinguismo nelle istituzioni europee, che fa parte di un ciclo di incontri dedicato alla traduzione e all’interpretazione. Parlerà della sua esperienza di traduttore, e darà suggerimenti pratici per chi si affaccia a questa intricata professione.

Un fatto positivo si trova nella presentazione degli incontri:

Gli incontri si rivolgono a tutti gli studenti a prescindere dalla combinazione delle lingue di studio e sono stati concepiti con un taglio più seminariale/pratico che accademico/teorico.

Noto con piacere – finalmente! – che in ambito accademico si inizia a parlare meno di teoria della traduzione e più di pratica, di marketing e quant’altro: e Andrea è certamente preparato a dare il suo contributo.

Feb 10

Oggi non parlo io, parlerà per me un libro ricco di spunti.

Ho più di centocinquanta dipendenti, ma nessuno mi ha chiesto di divulgare le mie conoscenze finanziarie. Mi chiedono un posto e la busta-paga, mai di insegnar loro quello che so sul modo in cui funziona il denaro. Di conseguenza, la maggior parte di queste persone passerà gli anni migliori dell’esistenza a lavorare per i soldi, senza comprendere ciò per cui lavorano davvero. (p. 38)

Smettila di darmi la colpa, di credere che io sia il problema. Se ragioni così, devi cambiarmi. Se invece ti rendi conto che sei tu il problema, puoi cambiare te stesso, imparare qualcosa e diventare più saggio. Molti vogliono che siano tutti gli altri a cambiare, tranne se stessi. (p. 39)

Quando si tratta di soldi, molti vogliono giocare sul sicuro, tenere le spalle al coperto. Di conseguenza, non si fanno guidare dalla passione, ma dalla paura. (p. 41)

L’aspetto migliore era che la nostra attività ci procurava denaro, anche quando eravamo assenti fisicamente. Il denaro lavorava per noi. (p. 61)

La cosa che mi inquieta è che incontro migliaia di persone con una cosa in comune: tutti hanno un incredibile potenziale, talenti e doni personali. Eppure, c’è una cosa che li limita: la mancanza di fiducia, da cui l’indecisione. Non è la scarsità di conoscenze tecniche a limitarli, ma l’irresolutezza. (pp. 114-115)

Il mondo è pieno di persone talentuose ma povere. Troppo spesso navigano in un mare di guai finanziari o guadagnano meno di quanto potrebbero non a causa di ciò che sanno, ma di ciò che non sanno. Si concentrano a migliorare nel loro campo, a cucinare meglio gli hamburger, ma dimenticano di imparare a venderli e porgerli al cliente. Forse McDonald’s offre panini mediocri, ma li vende nella maniera e nelle situazioni giuste. (p. 147)

Robert Kiyosaki con Sharon L. Lechter, Padre ricco padre povero. Quello che i ricchi insegnano ai figli sul denaro, Gribaudi, Milano, 2004.

Gen 27

Il mio ultimo post, che era denso di spunti (non per merito mio ma per le idee spesso controcorrente di Luigi Muzii), ha causato alcuni – pochi, in realtà – commenti su Langit.

A mio modo di vedere uno dei nodi principali per i traduttori, e di conseguenza una maniera per uscire dall’impantanamento cui troppi si autocondannano, resta il marketing. E il marketing non è (quantomeno non è più, se mai lo è stato) rompere le scatole ai clienti, ma è fatto di strumenti molto più soft come un sito ben fatto, una tagline efficace nelle mail, il biglietto da visita sporto nella maniera giusta e così via. (Che il servizio che si offre sia non meno che eccellente lo do per scontato.)

Per esempio, quel che ha fatto ieri Seth Godin per promuovere il suo libro (in una parola: promozione solo online, sotto forma di interviste fattegli dai blogger più ascoltati e influenti) è marketing della miglior specie; e non sei nemmeno costretto a parlare con chicchessia.

Troppi traduttori si dichiarano – a parole e nei fatti – incapaci a vendere, e preferiscono concentrarsi su ciò che sanno fare meglio: tradurre. Esempio: la stragrande maggioranza dei résumé che ricevo sembra fatta con lo stampino (anche se, certo: chi sono io per giudicare?), mentre vorrei ricevere una proposta che risolve un mio problema, non sapere che nell’estate del 2001 quel tal traduttore ha fatto uno stage da qualche parte.

E così, ahimè, il facile (tradurre) diventa col tempo difficile (fare marketing efficace dei propri servizi); ma quando si sfidano i propri limiti, il difficile diviene routinariamente facile – e divertente.

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