Il Delta di Vadis

“Nel 1841 la Lanterna Vecchia segnava il punto estremo del Delta”, dice con la sua voce calma e ferma, “mentre oggi arriva quattro chilometri più in là, al Faro di Gorino. E questo ti dà la misura di quanto avanzi il Po, e di come il paesaggio intorno a noi cambi di continuo”.

Chi parla è Vadis Paesanti – si chiama così in onore dello zio, morto in guerra –, pescatore di vongole a Gorino Ferrarese, paesino nella Sacca di Goro, nell’estremo Delta, sindacalista per le cooperative di pescatori della zona, già guida turistica. Quando Linea Blu, la trasmissione di Rai Uno dedicata al mare, passa di qui, è lui che viene intervistato, che accompagna la conduttrice a conoscere questi luoghi magici.

L’ho conosciuto un giorno, amico dei miei ospiti a Bosco Mesola, in un piccolo agriturismo dove il tempo ha una dimensione del tutto diversa da quella cittadina a cui siamo ormai assuefatti. Qui si discorre senza fretta. In un campo da golf della zona (parentesi: un circolo che costa 430 euro l’anno tutto compreso, meno di una palestra – e poi dice che il golf è uno sport da ricchi) abbiamo incrociato i nostri bastoni e siamo diventati amici in dieci minuti. Senza dircelo, ma per sempre. Perché Vadis è uomo che ama parlare e far sentire la sua voce, far sapere che esiste; ma non vuole parlare di sé, risponde sempre alle domande ma non va oltre lo stretto necessario quando si tratta di lui.

Un tempo, sul Po, c’erano quelli che venivano chiamati gli “om ad Po” (gli uomini di Po), personaggi mitici e leggendari che vivevano in baracche sulle sponde del grande fiume. Non parlavano di loro medesimi, ma a starli a sentire ti snocciolavano storie a non finire sui fatti della zona.

Ecco, Vadis è così, schivo e aperto al tempo stesso, entusiasta e amico tuo. Si offre di portarmi nel Delta con la sua barca, finito il turno di pesca. Io sono stato più volte al Delta, ho letto molti libri, guide e siti sull’argomento (per me la conoscenza primaria passa dalla parola scritta: è un mio difetto congenito, mi sa), ma non l’ho mai visto dal’’acqua. Epperò ho netta dentro di me la sensazione che il Delta visto dagli argini è sì magico e meraviglioso, ma avverti che ti manca qualcosa, ti sembra di non poter possedere una terra. Mentre il Pavese che è in me vorrebbe mangiarsi una collina: il che, traslato qui, vuol dire più o meno fare l’amore con una valle da pesca o un canneto. E dunque so matematicamente di essere, per dirla con Montale, “della razza / di chi rimane a terra”.

Quindi quando Vadis si offre, sua sponte, di farmi conoscere il Delta dalla sua barca è la gioia subitanea dentro di me. Viene a prendermi lungo un canale, mi fa salire, mi porge una giacca portata per l’occasione – mi sento un signore e un amico su quel batlin dondolante –; poi partiamo. E mi illustra le microstorie dei luoghi, la storia e la cronaca. Incontriamo un pescatore e si parlano di gambari e delle fatiche per trovarli. Arriviamo al Faro, punta estrema di questo tratto di Delta, osserviamo germani, aironi cenerini e garzette.

Finiti i miei giorni al Delta torno a casa, gli occhi pieni di quei paesaggi magici, nelle orecchie la voce di Vadis e l’eco delle sue storie. Oggi sono più ricco, il Delta ha un suo cantore.

Commenti

Nyork ha detto:

Bel racconto ma da cui si capisce quanto poco profondamente conosce Vadis

giannidavico ha detto:

Purtroppo è vero! A volte i tram della vita non passano come vorresti tu.

Lello Garau ha detto:

Io l’ho conosciuto su nave Vespucci. Grande personaggio Vadis

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