Ieri, sul tee della 18 in una gara al mio circolo, ero molto tranquillo: ero +2 in quel momento (2 birdie e 4 bogey), e per tutto il giorno avevo giocato tranquillo guardando le nuvole, conversando amabilmente coi compagni, sentito il fruscio delle foglie, goduto del calore del sole sulla pelle. Ero certamente in the flow.
La 18 da noi è un par 4 semplicissimo per gli handicap bassi, soprattutto con le partenze avanzate: bastano un ferro 4 o un ibrido davanti al secondo lago, un ferro 8 o 9, due putt e il par è praticamente assicurato.
Ho scelto di tirare l’ibrido – un Cleveland XLS monster HiBORE XLS 3i, 22° gradi di loft, di gran lunga il bastone più facile (a parte il putt) che io abbia mai avuto – come primo colpo, purtroppo chiudendolo e mandandolo inesorabilmente in acqua.
Ma la cosa bella – mi sono stupito da solo – è quel che ho detto appena è partito il colpo e mi sono reso conto di aver fatto un errore: “Non è da me”, detto in maniera assolutamente assertiva, tranquilla, semplice. L’insegnamento mi viene dal mio compagno di gioco di ieri e amico di infiniti giri ai Ciliegi: Massimo, ragazzo esuberante, simpatico e divertentissimo.
Il punto è che il flow, quando c’è, ti entra dentro e “ce l’hai” davvero. Alla fine è stato un prevedibile doppio bogey e quindi +4, ma ho mantenuto quella sensazione meravigliosa di poter controllare i miei movimenti e – cosa più importante – le mie emozioni. Insomma mente, corpo e cuore esistono in noi senza soluzione di continuità, e quando si allineano a laser il flow è (quasi) automatico.
Il tutto, sintetizzato per la giornata di ieri in quella frase: “Non è da me”. Grazie Max!
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