Il golfista più vincente della storia è entrato in questo blog molto di rado e sempre in maniera molto tangenziale; ma colmo oggi la lacuna recensendo Il mio golf, che traduce l’originale Golf My Way del 1974.
Lo spunto mi viene da Gio Valiante, che qui dichiara di rimanere basito quando un golfista che vuole veramente diventare bravo gli dice che non ha mai letto Jack Nicklaus. Lui in realtà si riferisce a My Story e non a questo volume; cionondimeno mi ha messo il tarlo in mente. Ebbene, sono riuscito a procurarmi una copia del libro che ho letto con molto interesse.
Sono due i concetti che trovo assolutamente attuali e applicabili:
– l’idea che un colpo non deve necessariamente essere diritto: Nicklaus ha giocato buona parte della sua carriera col fade (credo che Ben Hogan abbia avuto una discreta influenza in questo), e dunque ascoltare dalle sue proprie parole la logica e l’esecuzione di questo e altri colpi è non solo interessante, ma foriero di sviluppi e di applicazione pratica;
– l’idea di timing come prodotto di tempo e ritmo (il ritmo essendo a mio parere uno dei concetti più pregni di significato nel golf, uno di quelli che ti porta davvero a score bassi): ho letto con interesse le sue considerazioni sul come trovare il ritmo, per esempio con una sessione di pratica a piedi uniti.
Certo, un libro di quarant’anni fa non può non portare su di sé la polvere degli anni. Diversi concetti sono superati dal tempo (tanto per dire: chi usa più il ferro 1?), e trovo anche che i disegni non siano all’altezza dell’opera (nulla di paragonabile, nemmeno lontanamente, a quanto fece Anthony Ravielli con Ben Hogan). Ma insomma è una lettura che appassiona. È di difficile, ma non impossibile, reperibilità.
E mi ha fatto piacere anche vedere che la cura dell’edizione è di Mario Camicia, perché il libro è ben fatto e ben tradotto: considerando che ha più di 35 anni, ovvero risale ad un’epoca quasi pionieristica del golf in Italia, si tratta di un piccolo gioiello.
Commenti
Jack Nicklaus, Il mio golf: http://t.co/4RMRb1uohl [tempo, ritmo, fade e ferro 1]
Ciao Gianni,
“Il mio golf” e “I segreti del gioco corto” di Tom Watson sono i primi libri che lessi (grazie al servizio interbibliotecario) quando da ragazzino nel 1986 o 1987 grazie a “Tutti in campo con Lotti” scoprii che il golf non era solo un maglione o l’automobile del vicino, ma anche uno splendido sport.
Del libro di Watson ho acquistato di recente la versione in lingua originale, mentre questo di Jack l’ho riletto prima dell’estate e su internet ho anche trovato anche la versione video (tratta dai VHS).
L’interlocking grip che uso ancora adesso lo devo a Jack, copiando le immagini del suo libro imparai ad impugnare il bastone e a mettermi sulla palla, come quando gioco il putt e senza rendermi conto ancora oggi mi piego tutto per stare più vicino alla palla. 😉
Jack e Tom furono i miei maestri virtuali, anche se potevo giocare solo con dei bastoni autocostruiti con legno scotch e chiodi, colpendo palline da tennis o gomma su campi falciati dove mi inventavo percorsi spettacolari, io mi divertivo un mondo sognando un giorno di poter giocare su un vero campo da golf. 🙂
Ricordando quei momenti sono felice di essere riuscito in età adulta a realizzare almeno in parte quei sogni di bambino, e spero che con l’anno nuovo riesca a giocare di più e ancora meglio di quanto fatto finora.
Colgo l’occasione per augurare a te ed ai tuo cari un Buon Natale, “Buone Feste Gianni!!!”.
Bel racconto, grazie Mauro! E anch’io ti auguro di giocare tantissimo nell’anno veniente, ma soprattutto di essere in pace con te stesso.