Refocus

Sento il bisogno di fermarmi a pensare a dove voglio andare. Il “problema” è che il golf è un processo senza fine: il mio swing è una cosa viva, che cresce con me, ha dei momenti di assoluto flow e altri di stanca, si imbatte in fenditure, a volte fa difficoltà ad andare avanti. Il proprio swing è una sorta di figlioletto, o una proiezione di sé.

Né posso dimenticare il fatto che il mio corpo invecchia, e che all’età mia le tensioni che derivano da questioni extragolfistiche (lavoro, famiglia eccetera) hanno il loro peso nel non farti giocare liberamente. (Nota laterale: giocare, che bella parola. Giocare per la gioia del giocare, come faccio a volano con mia figlia piccola.) Paragone irriverente: la carriera di Ben Hogan fu di fatto abbreviata anche dalla Ben Hogan Company: il desiderio dell’uomo di costruirsi un futuro dopo il golf rese il suo golf giocato più difficile, e quasi superfluo, dopo il 1953.

Mi aiuta il mio “diario di bordo”, ovvero quel luogo dove annoto i miei pensieri tecnici sullo swing, quel che mi accorgo di sbagliare e quel che invece dovrei fare, e come lo dovrei fare. È una sorta di blog privato, che rileggo ogni tanto per capire da dove vengo e – possibilmente – dove posso andare da qui. In questi giorni lo sto leggendo come una sorta di romanzo, sia in senso cronologico che in senso cronologico inverso, e vedere come i difetti fondamentali ritornino e come le soluzioni siano – in teoria, quantomeno – semplici mi aiuta a formarmi un pensiero per il futuro.

Ovviamente dipende da come ciascuno vede il proprio golf: per me è importante, e il mio handicap è pari alla stella da sceriffo che da bambino appuntavo summo cum gaudio sulla camicia a quadrettoni; per altri il golf può essere un sano e lieto passatempo. Insomma non esiste la “risposta” giusta.

Ma ogni tanto occorre fermarsi a pensare: dove vuoi andare da qui? Ho detto e scritto che voglio arrivare a 0 entro i miei cinquant’anni. Cosa che costa – in energia mentale, in tempo, in denaro – e non dà altro beneficio se non la soddisfazione che ne è insita. Cioè, vale la pena?

In una parola: che cos’è il golf?

Rifocalizzare gli obiettivi vuol dire partire con la fine in mente, e da lì tornare a ritroso nel tempo. Ebbene, gira e rigira io ritorno sempre alla mia idea centrale, quella che consciamente o no ha da sempre guidato il mio golf: io voglio diventare il golfista migliore che posso diventare perché l’idea di vedere che cosa c’è alla fine dell’arcobaleno, il pensiero di superare i miei limiti, di andare oltre, mi guida. È qualcosa che non servirà a niente e a nessuno, ma mi dà e darà gioia enorme. Questo è.

Commenti

Fabio ha detto:

Gran bel commento… Chapeau!

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