Keep grinding…

… ma che fatica.

Ieri prima gara dell’anno, al mio circolo (in realtà avevo già fatto gara domenica, ma questa era la prima valida per l’handicap).

Iniziamo dal fondo: 76. Che non è un numero malvagio, certo; ma l’handicap è passato da 3,9 a 3,8. Una miseria, una briciola. Ieri sono stato in the flow per tutte le cinque ore di gara, mi sono goduto fino in fondo ogni colpo, ogni volo di palla, ogni rimbalzo; e i numeri però non mentono.

Ho fatto cinque bogey e un birdie. Il campo era facilissimo. I cinque bogey sono stati frutto di due errori di swing, due errori di strategia e un brutto rimbalzo: tutte cose comprensibili e accettabilissime.

Il punto però è che io non posso al momento giocare molto meglio di così. Insomma un 76 può abbastanza facilmente diventare un 74, ma per farlo diventare un 71 o 72 occorre molto più lavoro del tantissimo fatto in questi anni.

Vale la pena, io sempre lì a pensare come migliorare un passaggio dello swing? Io con i miei 48 anni (e mezzo, anche il mezzo conta) e considerando che l’enorme quantità di pratica fatta fino a oggi mi ha portato “soltanto” qui? Golfisticamente parlando non è poco quel che ho fatto, certo, ma inevitabilmente arriva un momento in cui le somme le devi tirare per forza. E qui si innesta la parte filosofica del golf, che per me da sempre è stata quella che conta davvero. I miei pensieri quando sono in campo da solo. Il mio stato d’animo quando sono in campo pratica. Mettermi in macchina per 22 minuti per arrivare al circolo. Keep grinding rimane un motto validissimo, l’obiettivo 0 nel 2022 l’ho ben presente davanti a me.

Mi sovviene comunque Ligabue:

calendari a chiederci se
stiamo prendendo abbastanza

L’aspetto filosofico del golf, questo è il punto; tutto il resto è contorno secondario.

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