Ultimamente parlo un po’ troppo di me, ma le due ultime gare sono state prove convincenti e desidero condividerle.
1. La penultima: Ciliegi, sabato 23. Ci sono tornato per via dell’acqua alla trentaseiesima buca della settimana prima, che mi era rimasta sul gozzo. 73 colpi finali, ottime sensazioni lungo tutto il giorno ma è la 18, appunto, il luogo in cui ho avuto la mia completa rivincita sul campo.
Ero a +1 in quel momento (un doppio, 2 bogey e tre birdie), e la 18 in sé è sempre un momento delicato quando stai giocando bene. La settimana prima ero finito in acqua con un colpaccio col legno 3, ma avevo calcolato che avrei preso comodamente il fairway anche con un ibrido 19°, per poi tirare al green con un ferro 9 anziché con un pitch. Problema: apro il colpo, la palla tocca una pianta e torna indietro. Sono in rough a 170 metri dall’asta con l’acqua davanti. Non penso nemmeno per un momento a un lay up, perché snaturerebbe l’essenza del mio golf in un campo che conosco così bene. L’ibrido 24° batte in green qualche metro prima dell’asta ma naturalmente corre, si arrampica dietro al green e… e rimango col fiato sospeso: sarà buona? sarà fuori?
La palla è buona, dentro di mezzo metro; con un pitch la metto a due metri e mezzo dall’asta. Studio il putt, vagamente penso agli ottimi colpi tirati su quel green (anche se non è esatto dire che ci penso, è più preciso dire che le tante splendide sensazioni dei putt imbucati in passato a quella buca mi accompagnano in quel momento), la palla entra. Sensazioni magiche.
2. Due giorni dopo alla Margherita, 75 colpi. Inizio con due bogey, poi mi riprendo e finisco le prime nove in +1. Poi quattro bogey nelle prime quattro delle seconde nove mi scorano un po’ (errori sciocchi, mi sembrava di non avere il controllo del mio gioco), ma tengo mentalmente. Sul tee della 16 un caro amico mi dice che magari, con un paio di birdie potrei ancora fare risultato… Sul momento non do peso alla cosa, ma alla 16 (par 5) faccio birdie prendendo l’asta col terzo colpo; alla 17 sono in asta ma tiro un putt senz’anima per un anonimo par; alla 18 sono col secondo a 143 metri dall’asta. Calcolando salita e vento laterale la scelta cade in maniera naturale su un ferro 6 pieno, che si ferma a due metri dalla bandiera. Guardo e riguardo il putt, mi sdraio anche per terra per vederlo meglio, sono sicuro. Il putt entra senza problemi per un 75 che mi dà piena soddisfazione.
(Con un 75 alla Marghe non sei nemmeno a premio – ecco perché sono venuto qui, per imparare a sfidare il campo.)
L’handicap è passato di conseguenza da uno stanco 4,0 a un più consono 3,3, che mi permette finalmente di vedere il mio obiettivo primo degli ultimi due anni circa, quel “due virgola” dove ora sono pronto ad andare. Quel che succederà, vedremo.
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