Ieri ho vinto il mio primo premio come senior. Sono passaggi della vita.
La gara era questa. Un campionato regionale, quindi con un’importanza media.
Non sono molto contento, ma dirò.
Mi ero preparato bene, e sono in un periodo di buona consapevolezza di gioco. Venerdì avevo fatto la prova campo (di un campo che comunque conosco), quindi non c’erano scuse.
Il primo giorno ho giocato bene (o forse molto bene): nessun birdie ma solo due bogey e uno stupidissimo doppio bogey alla buca 15, un par 5 lungo ma senza difficoltà alcuna. Giro in 76 colpi, ottava posizione e pure una limata ad un handicap che è troppo alto. Insomma ero soddisfatto.
Domenica non parto bene, uno snap col mio fido legno 3 che porta a un bogey. Alla 2 faccio un altro bogey, senza aver ancora toccato il fairway. Alla 3 mi “sveglio” con un bel birdie, replicato alla 4 in modo fortunoso. Da lì proseguo bene fino alla 13, dove salvo un bel par e mi trovo a +2 per il giro.
La 14 è un par 4 corto e facile. Un ibrido storto mi lascia a 80 metri dall’asta, con vento forte a favore. Con un mezzo sand, che mi sembra di aver tirato bene, finisco nel fringe a oltre 10 metri dall’asta. Tre putt per un bogey regalato.
Ma i guai cominciano alla 14, dove tiro un orribile drive che finisce nelle piante a sinistra e ci metto *tre* [sic] colpi per tornare in fairway. Sbaglio anche il quinto colpo ed esco dalla buca con un triplo bogey pesante anzichenò.
Bogey anche alla 16, conseguenza della buca precedente; alla 17 faccio par con una splendida (quando va detto va detto) uscita dal bunker. Alla 18 il drive è diritto in pista, sono a 133 metri in salita ma chiudo il ferro 8 e finisco oltre il green in una posizione orribile. Due flappe e doppio bogey finale. Insomma ho perso 6 colpi nelle prime 31 buche e 7 colpi nelle ultime 5. Questo non va bene. Non va bene.
Sono tornato con la mente ai pensieri lungo la 15, e poi sul secondo colpo alla 18 e sui due approccini sbagliati. Vi sono tornato perché riflettere sugli errori, capirne la genesi, può servire (forse) a evitarli in futuro.
Due pensieri, qui. Il primo mi viene da Italo Lana, che fu la prima persona a insegnarmi – senza fanfara ma con molto senso pratico – la scrittura tecnica: il professor Lana parlava spesso della genesi dell’errore (si trattava di filologia classica là, ma i principi non cambiano), e diceva che arrivare a quel punto è il primo passo per andare oltre, per correggersi, per superare i punti morti.
Il secondo, contrario, viene da Il diavolo sulle colline (Pavese c’entra quasi sempre):
– Come, – gridò Pieretto nel vento, – non sai che quello che ti tocca una volta si ripete? che come si è reagito una volta, si reagisce sempre? Non è mica per caso che ti metti nei guai. Poi ci ricaschi. Si chiama il destino.
Allora, la prima domanda che devo farmi è: che cosa scelgo di pensare? Che andando verso le 10mila ore di pratica concentrata potrò eliminare questi brutti finali, questi colpacci che saltano fuori dal nulla e rovinano un giro, oppure che non c’è nulla da fare e che ciò che è così insito in me lo sarà per sempre?
Questa risposta è facile, per me. Oggi pomeriggio sarò in campo pratica a provare e riprovare i colpi che mi hanno fatto penare ieri: gli approccini da posizioni impossibili e il drive.
Stabilito questo, sono andato più volte ai miei pensieri di quei tre momenti “topici”. Nel primo caso (il drive alla 15) c’era solo l’intenzione di mirare alla destra del bunker di sinistra, in maniera che un eventuale slice avrebbe tenuto la palla magari corta ma in pista. (È un par 5, si può recuperare senza soverchi patemi – in teoria almeno). Poi ho fatto un errore tecnico che mi capita ogni tanto, eredità del passato: arrivare dall’esterno e buttarsi sulla palla come per disintegrarla, che è la classica antiricetta del bel colpo. Errore tecnico dunque, non mentale.
Sul fairway della 18 il vento era leggermente contrario. La scelta era tra un mezzo ferro 7 e un 8 pieno. Il ragionamento era corretto, poi però mi sono avventato sulla palla chiudendo il colpo. Errore tecnico anche qui.
Nei pressi del green sul primo colpo avevo forse un po’ troppa tencisione ma ero carico, è uscita una flappa inguardabile che mi ha tolto entusiasmo. Il colpo era difficile, avrei potuto risparmiare un colpo ma non posso rimproverarmi molto qui.
E del resto i racconti dei golfisti sono noiosi e inutili, alla fine you are your numbers e conta solo il numero finale. Quindi io torno in campo pratica, mi preparo per la prossima gara.
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