Autore: giannidavico

Golf Club Villa Condulmer

Il golf è un luogo meraviglioso della vita. E ne ho le prove.
Torno da un fine settimana splendido presso Villa Condulmer. Tengo per me le questioni private, ma desidero parlare del circolo e del campo. Una specie di recensione, insomma.

L’accoglienza

Varchi le porte del circolo, entri in segreteria e ti trattano da signore, ti fanno sentire il benvenuto. Ti senti a casa.
Ci si saluta tutti, non importa che ci si conosca o meno. Qui usa così. Mi sovviene Pavese:

La gente di questi paesi è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca.
(27 dicembre 1935, lettera alla sorella Maria)

A Zerman di Mogliano Veneto la civiltà non era greca, ma la cortesia delle persone del luogo è qualcosa che ti lascia senza fiato. Ho scambiato qualche parola con la signora delle pulizie, per esempio; ho percepito la cura del dettaglio in ciò che fa. Mi ha commosso. Nel grande disegno delle cose, non credo che la pulizia degli spogliatoi sia un dettaglio da trascurare.

Il campo pratica

Le postazioni non sono molte, ma non ho mai dovuto aspettare per praticare.
Purtroppo […] continua a leggere »

La crisi del ventesimo anno

Nel nostro golf non va sempre tutto per il meglio, e la strada non è per forza sempre lineare. Oggi desidero parlare di un argomento che per me è un pochino controverso; mi viene facile fare un parallelismo con la classica crisi matrimoniale del settimo anno, pensando al mio ventesimo anno di golf che si avvicina alla conclusione e alle mie sensazioni contrastanti riguardo al golf medesimo.

Nell’ultimo mese e mezzo sono stato in campo una volta sola, e un paio di volte ho praticato. Il che, se lo guardo da una prospettiva storica, sta tra l’aberrante e il sensazionale: proprio io, Gianni Davico, colui che della pratica ha fatto una sorta di religione, ora si allontana così tanto dal golf?

Eppure non voglio giudicare, ma solo analizzare i miei pensieri relativi alla questione. Perché il golf è sempre stato, ed è tuttora, assolutamente magico per me; tuttavia sono arrivato in una fase del mio percorso in cui non trovo più gioia piena nel praticare o nel giocare, o quantomeno non così tanta. Per dire, per il Gianni di adesso non c’è partita tra il giocare a golf e il camminare.

Una facile causa da individuare per questa situazione è […] continua a leggere »

Golf resurgente

Margara è un campo splendido.

Le condizioni atmosferiche erano ottimali.

Le partenze erano sufficientemente avanti.

I green erano discretamente veloci, ma pressoché perfetti.

Il primo giorno di questa gara sono partito bene, alla 8 ero +2, con due bogey evitabili ma accettabili. Dalla 9 ho cominciato a fare disastri, il par era un lusso; alla 18 ho messo la ciliegina sulla torta, con un quintuplo bogey. (La disaster hole, nel golf, è sempre dietro l’angolo ad aspettarti. Sta a te essere bravo a non farti trovare.) E come ho scritto a Roberto, che cercava in qualche maniera di consolarmi, nel golf non c’è molto di peggio di un quintuplo bogey, a parte un sestuplo bogey. Totale: 88 [sic].

Il secondo giorno mi è parso anche peggio, nelle prime otto buche (le seconde nove in realtà – partivo dalla 10) ho messo a segno sette bogey e un doppio. (Una sola volta ho preso il green, e da quattro metri e mezzo sono riuscito a fare tre putt, nella stessa buca dove qualche anno fa vidi Pippo Calì fare un comodo eagle imbucando da cinquanta centimetri – unici spettatori mia figlia e io.) Un paio di […] continua a leggere »

Progressing nicely

Il titolo di questo post prende spunto da un tweet di Tiger, allorché sette anni fa stava recuperando dopo l’intervento alla schiena dell’anno precedente. Ma, molto più prosaicamente, l’idea è di aggiornare i miei venticinque lettori su come stanno andando le lezioni sul driver, che mi sto impartendo dal 4 dicembre scorso, con la speranza che le mie riflessioni possano essere di aiuto o di spunto per qualcuno.

Un breve riassunto: un maestro non può insegnarmi veramente quello che desidero, perché lui conosce lo swing mille volte più di me, ma io conosco il mio swing mille volte più di lui. Non che le lezioni non siano necessarie, ma in un ciclo di lezioni un maestro può solo scalfire la superficie, ovvero andare a correggere i macroerrori, lasciando di fatto la situazione invariata. Allora ho deciso di diventare il maestro di me stesso.

(Non voglio assolutamente negare l’importanza di un maestro – alla decina di maestri che mi hanno seguito dal 2004 a oggi posso solo dire grazie –, ma dico che in certe fasi probabilmente è più redditizio mettersi di buona lena e con santa pazienza a lavorare per conto proprio per vedere che […] continua a leggere »

Un cambiamento nello swing con il driver

Dopo le ultime lezioni di questi mesi sono arrivato a una conclusione (provvisoria, come tutte le cose che riguardano lo swing): un maestro non può insegnarmi veramente quello che desidero. (Nel mio caso era “imparare a fare draw col driver”, mentre oggi è diventato “ridurre di qualche grado la traiettoria dall’esterno del driver per produrre un fade più controllato”.) Per un semplice fatto: lui conosce lo swing mille volte più di me, ma io conosco il mio swing mille volte più di lui.

Quello che io desidero sarebbe possibile solo se avessi a disposizione un maestro per un tempo lunghissimo – diciamo un’ora per tre volte la settimana per sei mesi, qualcosa del genere –, in maniera che lui potesse conoscere in profondità le sottigliezze del mio swing, e io riuscissi davvero ad apprendere da lui i concetti che desidera trasmettermi. Ma dovrei investire molto denaro, molto di più rispetto a quanto posso permettermi.

Non che le lezioni non siano necessarie, ma in un ciclo di lezioni un maestro può solo scalfire la superficie, ovvero andare a correggere i macroerrori, lasciando di fatto la situazione invariata.

Allora ho deciso di diventare il maestro di me stesso. Non che non lo […] continua a leggere »

Jon Sherman, The Four Foundations of Golf

Jon Sherman è un golfista dilettante con un handicap rispettabilissimo, che da anni cura un blog pieno di consigli e recensioni, e un podcast con Adam Young, The Sweet Spot. La sua passione verso il gioco e nell’aiutare gli altri golfisti è evidente.

Da qualche mese ha pubblicato il suo secondo libro, The Four Foundations of Golf, strutturato in quarantanove brevi capitoli, ciascuno dedicato a un aspetto del golf. Se ci interessa migliorare, questo è un volume che potrebbe essere preso in considerazione.

La logica del libro è che i consigli, che ormai si possono ottenere dappertutto un tanto al chilo, vanno e vengono, mentre le abilità fondamentali del golf rimangono per sempre. E dunque il volume ci guida in quelli che l’autore ritiene essere i quattro fondamenti del gioco:

la gestione delle aspettative;la strategia;la pratica;la parte mentale.

Senza ombra di dubbio Jon conosce il golf molto in profondità; conosce la teoria, oltre alla pratica, e ha una grande familiarità con tanti grandi nomi del gioco. Questo aiuta il lettore a entrare per così dire dalla porta principale del golf.

E tuttavia trovo che il libro abbia anche dei difetti […] continua a leggere »

Esorcizzare le paure

Voglio parlare qui di un’esperienza per così dire bifronte che mi è capitata lo scorso fine settimana a questa bella gara. Ne parlo non per mettere in luce le mie “gesta”, ma perché sono sicuro che – analizzando le cose positive fatte e gli errori commessi – qualunque golfista si ritroverà nella descrizione. (Il golf è ciclico, dopotutto.)

Nel dettaglio le cose sono andate così.

Nel giro di domenica ho cominciato con uno sciocco bogey alla 1 e un bogey accettabile alla 2. Fino a qui niente di particolare. Da lì in poi ho cominciato a giocare a golf, e in dodici buche ho segnato un punteggio di -3; questo significa che a quel punto della gara ero a -1. Alla 15 a un buon drive segue un ferro 6 a mio giudizio assolutamente perfetto al green, che però purtroppo finisce fuori di un metro. Rimango immobile, basito; ma è difficile questionare con la fisica. Il doppio bogey è una conseguenza piuttosto logica, e vado alla 16 col risultato di +1: tutto sommato nulla di grave, anche perché se io dovessi rigiocare in qualunque momento quel colpo ritirerei un ferro 6.

Qui però le cose cambiano.

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Vent’anni di golf (e i prossimi venti)

Vent’anni di golf, e l’importanza dei maestri.
Il putt, il gioco intorno al green (fino ai 20 metri), il gioco corto (dai 20 ai 90 metri), il gioco con i ferri, il gioco lungo con ibridi e legni, il driving, la parte mentale e la gestione della gara.
Con spunti da Padraig Harrington, Mark Broadie, Dave Pelz, Andy Brumer, Baldovino Dassù, Roberto Cadonati e Andrea De Giorgio.
E l’ispirazione di Seve e del mio dolce mito – Ben Hogan.

Rob Bell, La forza mentale. Esercizi per il golf

Molti anni fa recensii un libro denso e utile per lo sviluppo della forza mentale del golfista (qui un riassunto per “Golf Today” – sia detto incidentalmente, quella fu in assoluto la mia prima recensione scritta per la rivista). Ora quel libro esiste finalmente in italiano: La forza mentale. Esercizi per il golf. (Full disclosure: Caissa Italia è anche l’editore di Campo pratica.)

La versione breve è questa (è l’autore stesso a dirlo):

Rendi l’allenamento e il gioco più difficili della gara vera e propria.

Perché la sostanza è questa: non possiamo certo sottovalutare l’importanza della pratica dello swing, del gioco corto e del putt, e tuttavia l’allenamento mentale viene troppo spesso trascurato. Ma chiunque sa bene che è importante almeno quando la pratica!

Per Bell sono quattro i fattori della forza mentale: controllo, impegno, sfida e fiducia. Questi quattro punti costituiscono l’ossatura del libro. Vediamoli più in dettaglio.

1. Il controllo. È fondamentale cercare di perfezionare ciò che possiamo controllare, evitando di cercare di influenzare ciò che sta al di fuori del nostro controllo: questo perché al massimo possiamo influenzare […] continua a leggere »

Un tuffo nel passato

Margherita, campo pratica

Ieri pomeriggio ho avuto alla Margherita una di quelle esperienze “mistiche” che un tempo erano abbastanza la norma per me, ma che ormai sono diventate piuttosto rare. Ero in campo pratica, nel mio learning environment per eccellenza, era un momento molto tranquillo, ero praticamente da solo (e da un certo punto in poi sono stato del tutto da solo), il caldo non era opprimente, ero all’ombra e stavo bene.

Ma per raccontare tutto devo partire dall’antefatto, ovvero al fitting che ho fatto quasi un anno fa. Dei miei bastoni, solo il legno 3 e i due ibridi erano rimasti con la canna stiff, mentre il driver e i ferri montano da allora canne regular. (Va notato comunque che stiff e regular non sono concetti univoci, ma dipendono dalle marche, dai modelli e così via; però in genere è pacifico che una canna regular è più morbida rispetto ad una stiff.) Comunque una cosa mi era chiara: gli anni sono passati, e se sono passato con soddisfazione alle canne regular sia per i ferri che per il driver, mi sembrava un’equazione lineare di primo grado il fatto che dovessi fare la stessa cosa anche con legno e ibridi.

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