A 76 anni (era da tempo malato di cancro) è morto lo scrittore americano John Updike, vincitore di due Pulitzer.
Non troppo noto è il fatto che Updike fosse un fanatico del golf. Il golf fa capolino in vari suoi romanzi, ma soprattutto a questo sport aveva dedicato un bel libro, Sogni di golf.
Sono trenta racconti, scritti in un arco temporale lunghissimo (tra il 1958 e il 1995), divisi in tre sezioni che si intitolano “Imparare il gioco”, “Giocare il gioco” e “Amare il gioco”, che potrebbero essere intese come le tre fasi dell’approccio di un golfista a questa disciplina. Il libro è la testimonianza di una dedizione appassionata, testarda e lunga una vita dell’autore al gioco del golf.
La brevità dei racconti ne facilita la lettura. La narrazione unisce la leggerezza della scrittura alla conoscenza di questo sport: questo è il vero punto di forza del libro. Si ritrovano tutte le gioie, ma soprattutto le ansie e le frustrazioni tipiche di un golfista, sensazioni che qualunque golfista ha provato almeno una volta nella sua vita. Updike illustra infatti un concetto che per un golfista è fondamento stesso di questo sport, ma vallo a spiegare a tua moglie non giocatrice: “Il golf non è solo un passatempo o uno sport, il golf è un viaggio della mente”.
Il golf è dunque una metafora della vita, e si avvicina alla metafisica. Tutto questo viene fuori soprattutto nell’ultima parte del volume, che è quella dove il gioco giocato lascia il posto alle riflessioni sul senso ultimo del golf, fin quasi a farlo diventare una religione.
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[…] Updike, La vita è troppo breve per il golf? in: Sogni di golf, Parma, Guanda, 1998, pp. […]
[…] John Updike, Golf decembrino, in: Sogni di golf, Parma, Guanda, 1998, pp. 204-207. […]