Mister Precisino, o della magia del golf

MAJ
Può capitare che non sia il più forte a vincere una gara testa a testa. A volte può bastare un rimbalzo traditore; anche se non credo al concetto di fortuna nel golf, e penso piuttosto che sei tu medesimo che prepari le condizioni affinché un rimbalzo traditore ti sia di aiuto. E ieri, nella luce declinante di Dubai, è successo qualcosa di magico.

Miguel Ángel Jiménez detto el mecánico (per la sua nota passione per la automobili, ma anche per la precisione nel gioco corto – da cui l’affettuoso nome di “Mister Precisino” affibbiatogli da Mario Camicia), 46 anni compiuti da poco, ha sconfitto alla terza buca di spareggio all’Omega Dubai Desert Classic il ben più quotato Lee Westwood. Ecco come io ho vissuto quelle tre buche.

Alla prima (la 18, par 5 di 516 metri), il drive di Westwood era kilometrico, anni luce più avanti di quello del suo avversario, che ha “fatto lay up col drive”, per usare le parole di Camicia. Col secondo Westwood è arrivato nel rough a bordo green, mentre Jiménez non è finito in acqua col terzo per non più di mezzo metro. Però ha fatto approccio e putt, cosa che all’avversario non è riuscita.

Alla seconda (sempre la 18), il drive di Westwood era – se possibile – ancora più lungo del precedente, mentre Jiménez è finito nel rough profondo, tanto che ha tirato un legno di terzo, finendo in bunker. Da lì ha fatto un’uscita bruttina, ma ha ottenuto il 5 con un putt di 4 metri e passa. Westwood ha fatto la fotocopia della buca precedente.

Alla terza buca di spareggio (la 9, un par 4 di 423 metri), il legno 3 di Westwood è in centro pista, mentre il drive di Jiménez è nel rough a sinistra. Entrambi mettono il secondo nel rough – impestato – a bordo green. Però Jiménez fa approccio e putt, mentre a Westwood questo non riesce. Gara finita.

Ripensando a quel che ho visto, ho cercato di trarne delle conclusioni. Questo episodio può insegnarci qualcosa? Secondo me, sì (a me, quantomeno). Fondamentalmente che fare leva sui propri punti di forza, lasciando da parte le debolezze, è una strategia vincente (nel golf come nella vita). Westwood può dare tranquillamente 40 metri a Jiménez nel drive, senza contare che può mettere la palla molto più facilmente in centro pista, ma alla fine le gare si vincono imbucando i putt da 4 metri, facendo approccio e putt. Non per niente si dice drive for show, putt for dough.

È stato fortunato il vincitore? Gli invidiosi diranno certamente di sì (l’approccio alla prima buca di spareggio poteva tranquillamente finire in acqua, tanto per dire). Ma a parer mio le cose capitano sovente per caso; essere preparati non è tutto, ma certamente aiuta (questo è, tra parentesi, uno dei concetti cardine del libro che sto scrivendo).

Il golf è così appassionante perché è una perfetta metafora della vita, e quel che è successo ieri ne è una (valida? modesta?) prova.

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