Golf Valcurone


Ecco, questo voleva essere un post in cui magnificavo le doti del Golf Valcurone. E lo è, anche, perché il campo è splendido, i green perfetti, i fairway magnifici (anche se a tratti troppo innaffiati), i panorami spettacolari.

Ma è anche l’occasione – e ti pareva! – per parlare del mio golf. Sabato, al primo giorno della gara federale, io non ho giocato a golf: ho vagato per il campo con nonchalance. Il problema era che non mi importava se un colpo fosse ben fatto oppure no, se un putt andasse dentro oppure no. E il risultato – 92 colpi, di gran lunga il peggiore dell’anno – riflette questa sensazione.

Eppure io, anche se il mio golf non è in questo momento – per usare un eufemismo – ai massimi livelli, non mi sento ancora pronto per essere “solo” un ottimo giocatore di circolo. (E mi sovviene, si parva licet, un episodio: Matteo Delpodio che un paio di anni fa, nel campionato della PGAI a Margara, in una pausa su un tee disse a Costantino Rocca che lui era ben lontano dall’essere il giocatore che era stato.)

Essere considerato il più bravo, o tra i più bravi, al mio circolo mi fa piacere, mi fa molto piacere; ma voglio andare oltre, pavesianamente voglio mangiarmi una collina e insomma vedere fino a dove posso arrivare.

Certo non con il gioco di adesso, è chiaro. (Strana la vita: non ho tirato mai tante palle in campo pratica come in questi mesi, ho fatto lezioni eccetera eppure l’handicap non ha fatto che salire. Forse, per dirla con Vittorini, “ci vorrebbe silenzio, silenzio per parecchie generazioni”.)

Eppure per me un putt sbagliato conta, un colpo brutto fa la differenza, nonostante quel che pensassi o non pensassi sabato. Ma poi domenica ho fatto pace col golf, ho giocato davvero a golf; e se l’anno scorso ero arrivato secondo e quest’anno sono arrivato ventesimo pazienza. Sì, pazienza: sto aspettando con pazienza che i risultati ritornino. E ritorneranno, eccome.

Intanto mi sono goduto tre giorni splendidi in un luogo magnifico, e per i venticinque lettori che mi hanno seguito fino a qui volevo dire andate a giocare in quel campo, visitate quelle zone, ne vale la pena.

Commenti

Alessio Avico ha detto:

Ciao Gianni,
io non sono riuscito a venire perchè non avevo il certificato agonistico e quindi mi hanno scartato…
Non ti crucciare troppo, anche a me capitano periodi come questi, ma di solito ad un certo punto la luce si accende e la strada magicamente diventa in discesa!
Ci vediamo presto (magari ai piemontesi)
Un abbraccio

Alessio

Fabio Scaliti ha detto:

Nel ciclismo è diverso, ma forse non così tanto. Ai nostri livelli non si può parlare di ansia da prestazione (da te, poi; figuriamoci) o sindrome da appagamento, ma di esaurimento, benché parziale, probabilmente sì.

Pur prendendo lo sport come gioco, è facile esagerare. Esasperarsi. Perdere quel punto di riferimento che fa distinguere divertimento e svago da ricerca del risultato. La voglia matta di vedere fin dove possiamo arrivare va controllata, altrimenti ci divora e annichilisce.

Dopo quattro gare su sei della mia Coppa Piemonte, sono quasi saturo. Appena avrò finito, guarderò la mia bici come si guarda un vecchio amico con cui da troppo tempo non si fa che parlare di lavoro e problemi, e le “dirò”: andiamo a divertirci, come ai bei tempi, senza pensare a null’altro?

Può servire anche a te?

Buon divertimento,

Fabio

giannidavico ha detto:

Grazie per i vostri commenti!

Alessio: è vero, la luce poi si accende all’improvviso, per esempio oggi ne o tirati 75 sul mio campo, completamente un’altra cosa. E ai piemontesi ci vediamo senz’altro!

Fabio: sì, serve anche questo. A volte prendo questo “gioco” troppo sul serio e mi accorgo che il problema diventa mentale. Poi nei giorni come oggi in cui lascio andare tutto e faccio un giro innanzitutto per divertimento (fatto bene e con impegno, ma principalmente per divertimento) mi accorgo che è bello così, che so ancora giocare a golf, che mi piace davvero.

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