Lo scorso fine settimana, al campionato piemontese al Colline del Gavi (ehi, per la prima volta sono sceso quest’anno, un “bravo!” a me! ROTFL), ho avuto l’ennesima prova dell’importanza di questo colpo nel complesso del gioco.
Se il putt da un metro è, in assoluto, il colpo più difficile al golf, quello di lunghezza un poco superiore è quel che fa la differenza tra un par e un birdie (o, ciò che è lo stesso, tra un par e un bogey). Acquisire sicurezza su queste distanze (diciamo oltre i due metri e fino ai tre e mezzo) dà una bella carica al morale.
E la fiducia in sé è tutto, nel golf. E poi è tutta una catena: la fiducia sul putt vuol dire maggior fiducia nel gioco corto e poi nel gioco lungo.
Occorre quindi allenare questo colpo. Ma sulla durata dell’allenamento concordo con quanto sostiene Bob Rotella nel suo libro più recente, The Unstoppable Golfer: non serve allenarsi quattro ore di seguito sul putt, bastano venti minuti. Però – e qui sta il “segreto” – la pratica deve essere costante, nel senso che i pochi minuti devono essere ripetuti tutti i giorni, o comunque ogniqualvolta sia possibile. E questo anche perché tale meccanica si perde facilmente e dunque va esercitata con costanza.
Siamo ai confini tra il corpo e la mente, un territorio golpisticamente interessantissimo da esplorare. I putt da tre metri, una delle chiavi del divertimento nel golf.
Commenti
[…] e questo per un’idea che ho ricavato da un bel libro di Bob Rotella che avevo recensito qui. Ovvero […]