Ieri, gara alla Margherita.
Poiché nel golf you are your numbers, inizio dal numero: 74 (+2: 2 birdie e 4 bogey).
Ma il punto fondamentale non è tanto il numero (rispettabile), quanto che in the heat of the action i par mi sembravano cosa assolutamente normale, anzi a volte un poco stretta: come alla 2, alle 7 e alla 15 dove la differenza tra il par e il birdie è stata questione di un paio di centimetri, non di più.
E anche i quattro bogey sono stati sostanzialmente sciocchi e, tranne un caso, evitabili. Alla 3 ero in fairway a 95 metri dall’asta e non sono riuscito a prendere il green (cosa che forse è più difficile del suo contrario). Alla 9 ero in green col primo a cinque metri, in discesa non drammatica, e intimorito dalla discesa ho fatto tre putt. Alla 11 dal fairway col ferro 7 non ho preso il green. Alla 16 mi è venuto un po’ di braccino e il bogey era quasi scritto (sebbene il putt per il par sia sbordato di un centimetro forse).
Il punto quindi non è la sbordata (che fa parte del gioco) o il bel colpo, ma l’idea che sta alla base del mio gioco attuale: che fare un bel colpo dopo l’altro è normale, è qualcosa che mi aspetto; e se faccio un errore ebbene, anche quello fa parte del gioco.
I dati:
– fairway: 86% (12 su 14)
– GIR: 50% (9)
– up and down: 67% (6 su 9)
– putt: 29
– putt per GIR: 1,89
Una nota sul putt: la media per l’anno è ancora altina (30,9), ma per gli ultimi dieci giri registrati è di 29,9 – in linea dunque col mio obiettivo di stare sotto i 30.
E una conferma: anche solo guardando questi dati è chiaro che devo lavorare soprattutto sui ferri medi e lunghi (per me, ciò significa 5, 6, e 7), ovvero quella parte di gioco non all’altezza del resto.
Ma ripeto, la consapevolezza di giocare bene e di trovarlo normale (ovvero la forza mentale, al di là della capacità tecnica) è un punto di forza non da poco. Sempre più trovo conferme della teoria delle 10mila ore: il che mi spinge a continuare (“Keep grinding”), a investire energie nella deliberate practice. Il tutto per la soddisfazione insita nel farlo, e per nessun altro motivo.
Commenti
Tirarne poche: http://t.co/ZMD7rbXKpJ [la teoria delle 10mila ore, secondo me] http://t.co/lBRf6jBzQH
Complimenti Gianni,
splendido giro!!!! 🙂
Comunque come ho letto in “Every shots count” i colpi al green sopra i 100mt, in pratica quelli che mi sembra vorresti migliorare sono quelli che fanno davvero la differenza, quindi se già ora giri in 74… in futuro mi aspetto tanti 70!!!
Grazie Mauro!
Io con quella teoria non sono tanto d’accordo; ma l’autore usa un approccio scientifico e dunque va almeno presa in considerazione. Infatti il libro è nella lista dei miei prossimi acquisti.
Ciao Gianni,
ti consiglio (anche se sono la persona meno adatta per darti consigli) di spostarlo in cima alla tua lista e di leggerlo il prima possibile, così poi ci facciamo una chiacchierata.
Ti posso dire che anche io non ero d’accordo con la sua teoria, però tutti quesi numeri alla fine mi hanno quasi completamente convinto… 🙂
Mi è talmente piaciuto che ora lo rileggerò armato di blocco per gli appunti.
Ho finito di leggere anche “La trappola del talento” e anche se ho trovato diversi spunti interessanti credo che alla fine “Every shot counts” potrà aiutare di più il mio gioco.
Grazie Mauro. Lo avevo in programma, ma ne anticiperò l’acquisto – qualdo l’avrò letto lo saprai di sicuro! 🙂
Confrontare opinioni è sempre utile.
Quanto alla “Trappola del talento” sì, capisco che cosa intendi: io certamente non sono il golfista “tipico” per quanto riguarda la pratica, ma mi rendo conto del fatto che se da una parte non puoi aspettarti risultati immediati, all’altra sarebbe un po’ frustrante aspettarli ‘a babbo morto’.
[…] migliori risultati: un 73 ai campionati piemontesi individuali, un 74 alla Margherita qualche settimana fa, un 75 al Feudo ai campionati piemontesi a squadre e un 76 a […]