Un giorno, tante sensazioni

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Ieri è stata una giornata dedicata quasi completamente a vari aspetti del golf. Più d’uno è ancora da digerire – che io sia lento lo so dalla notte dei tempi –, e questo post serve anche a mettere ordine nei pensieri.

Dopo tanto tempo sono ritornato a fare lezione col mio maestro “di sempre”, colui che è per me un amico prima ancora che un insegnante, colui che mi ha preso intorno al 9 e portato intorno al 3-4 (bravo a lui!). Le cose che ho sperimentato e sentito ieri le devo ancora digerire, ma insomma intanto sedimentano dentro di me.

Il giorno prima avevo preso in prova i nuovi ferri. Sono fuori produzione, perché il marketing ha le sue leggi ferree, ma la realtà è che non necessariamente serve il bastone di quest’anno (in tanti casi è l’indiano, più che la freccia). Comunque li trovo adatti a me, mi piacciono e soprattutto la palla parte almeno diritta quanto con i precedenti (che adoravo, ma erano consumati da cinque anni di pratica e giri). Visti, piaciuti, comprati. Il ferro 5 è la prova del budino, per me: e riesco a tirare questo ferro 5 con sufficiente precisione. Da lì in poi, appunto, tocca all’indiano – la freccia ha fatto tutto quel che poteva e doveva.

Più tardi sono stato all’Open, e lì è sempre un’emozione. Prima di tutto perché ti immergi in un’atmosfera quasi ovattata, dove impari anche solo respirando (è il consiglio numero 1 di questo bel libretto: “Osservate chi volete diventare”).

Il rumore, poi! Il suono dell’impatto del bastone di un giocatore del tour con la palla (dei ferri soprattutto) è di un’altra categoria, qualcosa che per noi mortali comuni è lontana anni luce dalla quotidianità. Chiudi gli occhi, apri le orecchie e sei già ispirato.
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Ho seguito per due buche Edoardo Molinari, l’ho visto fare birdie alla prima e recuperare il par alla seconda, ho ammirato la sua calma olimpica, la sua tranquillità.

A vedere giocatori bravi davvero la voglia di fare bene ti torna per forza!

Tornando verso l’auto sono passato, in una sorta di serendipity favorita anche dalla luce declinante e splendida del momento, davanti allo stand della “mia” rivista, dove ho incontrato il “mio” direttore; salutatolo, mi sono sentito dire “ormai sei dei nostri”, il che mi riempie di orgoglio e di gioia allo stesso tempo – perché io adoro scrivere di golf, esaminare le sfaccettature infinite di questo sport. E avere la possibilità di farlo sulla prima rivista in Italia non è cosa da poco.

Tante cose mi sono successe ieri, e tante le devo come detto elaborare. Ma la gioia del golf rimane.

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