L’autunno è, in questo momento, la stagione che meglio si adatta al mio golf di questo periodo.
In primo luogo c’è il gioco che pare scivolarmi dalle mani: a parte qualche colpo d’orgoglio (o di fortuna, o del caso), mediamente non è quello che mi aspetterei, quello che vorrei che fosse.
C’è un movimento che non mi soddisfa: avambracci che ruotano troppo poco nell backswing, faccia chiusissima all’apice (stesso, identico difetto di tanti anni fa), impatto decisamente dall’esterno. Prova e riprova, prova e riprova mi sembra che “conquistare” il mio proprio swing sia una montagna troppo difficile da scalare, qualcosa di improbo, di assolutamente inadatto alle mie forze. (A meno di fare lezione, chessò, una volta ogni quindici giorni in maniera regolare come facevo un tempo: ma in questo momento non so quale potrebbe essere la persona adatta a guidarmi in questa strada stretta, in salita e piena di dirupi laterali.)
Ci sono poi – è il nodo centrale – le motivazioni, che vanno a giorni alterni, ma in generale sono difficili da tenere alte.
Sto leggendo questo libro, fatto sostanzialmente di ricordi, di guardarsi indietro, di nostalgia. Il tempo dell’autunno è questo, dopotutto.
(Non è un caso, certamente, che tutto questo coincida col mio ingresso nella mezza età. Il che no, non è di per sé una cosa negativa, è solo che richiede tempo per essere metabolizzata – e nello specifico tanto tempo per me, essendo io lento in tutto).
Poi verranno altri obiettivi, verrà il tempo di Sanremo, la primavera e altre sfide; ma il mio golf è autunnale e crepuscolare, adesso.
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