L’amico Fabio, commentando su FB il mio post della settimana scorsa, ha scritto:
Ecco, se dovessi mollare la bici, penso che potrei approcciare il golf. Verde, natura, quiete. Manca il vagabondaggio, ma si può ovviare variando i percorsi, credo. Difetta di lato atletico, ma forse sono io che non lo vedo. Peccato che sia miope come una talpa.
Allora, soprattutto con l’intento di sgombrare il campo da possibili malintesi, è necessario fare alcune considerazioni sull’aspetto atletico in senso proprio del golf.
Per iniziare, va detto che il golf può essere inteso come gioco oppure come sport. Nel primo caso è un’attività ludica (stare con gli amici, fare una passeggiata, respirare aria pura eccetera), assai onorevole e rispettabilissima, che corrisponde grossomodo alla percezione media che dall’esterno ne si può avere. Tuttavia noi qui parliamo della seconda attività, ovvero di chi gioca a golf per divertimento (ovvio), ma allo stesso tempo con l’intento di andare oltre i propri limiti, sfidare se stesso, darsi degli obiettivi e così via.
In generale, bisogna subito dire che il lato atletico è fondamentale per giocare davvero – ovvero considerando il golf uno sport e non un gioco. La prova è che i grassoni (absit inuiria verbo), che una volta abbondavano tra i golfisti migliori, oggi sono un’assoluta rarità: e quando ne vedi uno in TV (Tim Herron, John Daly eccetera) ti fa quasi tenerezza.
(Dieci anni fa pesavo dieci chili in più di oggi, e devo questa differenza – che è allo stesso tempo una curiosa controtendenza, in virtù dell’età – in maniera esclusiva al golf.)
Si parva licet, se io non facessi palestra e corsa ed esercizi quotidiani finirei le gare con la lingua per terra. Certo, Tim Herron mi batterebbe in qualunque momento anche giocando bendato e su una gamba sola (parentesi: Ben Hogan ogni tanto faceva le sfide con i soci del circolo che rappresentava giocando su una gamba sola – e vinceva, naturalmente), ma è chiaro che quel tipo di golfista è a livello professionistico una specie in estinzione. Si veda per esempio la bella intervista pubblicata sull’ultimo Golf Today a Matteo Manassero, dove lui parla in maniera ampia e specifica del suo allenamento fisico.
E mi viene in mente anche un battibecco avuto da Ian Poulter con un giornalista (su Twitter, credo, ma non sono riuscito a trovare il riferimento – e non sono stupito, visto che la grafomania di Poulter su Tiwtter è oramai leggendaria), il quale lo accusava di essere pigro. Poulter disse che il giornalista non aveva idea di quanta palestra facesse, e aggiunse che tale giornalista non sarebbe nemmeno stato in grado di svolgere la maggior parte degli esercizi che per lui sono pane quotidiano.
Il servizio principale del numero di settembre 2011 di Golf Digest era dedicato a quest’argomento. Va da sé che il golfista medio è più attirato dal nuovo drive che promette di fargliela tirare venti metri più lunga, ma è un fatto dimostrato scientificamente che la tirerà venti metri più lunga solo attraverso una combinazione di questi fattori:
– lezioni col maestro;
– pratica in solitaria (“the secret is in the dirt”);
– adeguato clubfitting;
– esercizio fisico.
Fine. Il nuovo drive non c’entra nulla, non gli darà nessun vantaggio competitivo.
L’ho fatta lunga, ma per ricapitolare: il golf è uno sport per atleti, e come!
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