È un fatto che il putt è, tra tutti, il colpo che più mi piace, perché riesco a comprenderne bene le minime sfumature, riesco sempre (via, quasi) a vedere la linea che la palla percorrerà per entrare in buca, adoro studiare le pendenze, le traiettorie e così via.
Le cause, dicevo. Innanzitutto mi trovo qui, in un luogo tranquillo e che è per me carico di memorie di allenamento positive. E non importa se il putting green è largo quanto un fazzoletto e lento quant’era Massimo Mauro ad uscire dal campo, perché il beneficio dato dalle sensazioni postive che mi trasmette è di gran lunga superiore a questi inconvenienti.
Poi, ho appena terminato questo libro. E non importa che sia per la maggior parte fuffa, e che spalmi in un volume intero quello che potrebbe comodamente stare in un articolo nemmeno troppo lungo, l’idea generale – che deve esistere una routine nel putt, e che putt di diverse lunghezze richiedono impostazioni differenti – è quella che conta e che mi ispira. (Ne farò una recensone più ampia in ottobre.)
In sostanza: prima di tutto sto diventando più consapevole della routine nel putt (si veda anche quel che ne scrivevo qui), e di conseguenza – e soprattutto – ne sto sviluppando una che mi pare molto affidabile. Il tempo, la pratica (devo arrivare a 10mila ripetizioni, stimo di essere verso le mille – è ancor lunga la strada!) e le gare diranno se l’idea è corretta; per ora ho approntato una routine in sei punti:
1. visualizzare la linea da dietro, in maniera da essere assolutamente convinti e sicuri della traiettoria che prenderà la palla;
2. mettersi di fianco alla palla senza piegare le ginocchia (o comunque piegandole molto leggermente: questa è la posizione che utilizzava Ben Hogan, avendola copiata da Claude Harmon, e vedo che nel mio caso funziona) con i piedi paralleli tra di loro e perpendicolari alla linea di tiro;
3. eseguire un waggle, per allentare la tensione (ho visto che uno solo, nel mio caso, funziona perfettamente);
4. piegare leggermente la testa in avanti, in maniera da avere gli occhi sulla linea di tiro;
5. alzare leggermente le mani, in maniera da avere la faccia del putter perfettamente allineata al terreno (questo è il trigger che dà l’avvio al colpo; per me funziona perché altrimenti la punta rimarrebbe leggermente sollevata);
6. colpire, attraverso un percorso square del putter.
È possibile che questa routine contenga delle compensazioni, ma da quel che ho visto e so finora funziona molto bene per me nei putt di corta e media distanza (per i putt lunghi non so dire, almeno fino a che non lascerò l’isola o andrò furtivo al tramonto in uno dei green del campo).
Tutto quanto detto fino a qui è ispirato, ovviamente, dal golfista per eccellenza.
Commenti
La routine nel putt http://t.co/sWpR7VLhr4 [il trigger di Ben Hogan sul putt e una routine in sei punti]
[…] Parlavo due settimane fa dell’importanza della routine nel putt. […]