Il golf procede a cicli (“golf is a game of circles”, per dirla con Mark Guadagnoli). Le sensazioni che provo in questo periodo rispetto a questa attività che adoro sono le medesime che sentivo uno e due anni fa: ovvero mi rendo conto che ho bisogno di togliere la testa dal dover per forza fare bene, fare score, scendere di handicap.
In questi giorni mi aspetta una gara interessante, a cui tengo e cui non voglio mancare: ma sarà l’ultima per un po’.
Tecnicamente mi sento bene, mi rendo conto che gli aggiustamenti fatti nei mesi scorsi stanno dando risultati. Il grip è cambiato, più uniforme, più un “uno tutto”, per dirla à la Claudio Magris, e il backswing è lievemente più lento, cosa che dà ritmo allo swing. Insomma il movimento mi sembra a posto.
Prenderò parte alla gara suddetta con levità e impegno, desideroso di fare bene ma soprattutto di stare all’interno dei confini del mio benessere. Sì, perché qualche giorno fa ho visto dei ragazzi (“ragazzi” si fa per dire, potevano avere la mia età) giocare a calcetto così felici pur nella loro evidente scarsezza al punto che mi sono sorpreso a pensare che io a golf non mi diverto più così tanto. È il rischio che pavento da tempo, quello che il mio golf diventi una sorta di lavoro e non di gioia e divertimento purissimi.
Per questo voglio ora staccare, cambiare focus, fare una lunga pausa. Questo blog non va in vacanza, ovvio!, si spegne solo per qualche settimana la mia ansia da risultato.
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[…] paio di settimane fa parlavo del mio desiderio di staccarmi per un po’ dal golf, di starne lontano per farvi ritorno poi […]