Scrive un lettore, Fabio:
Ti chiederei con questo mio post di scavare nella tua esperienza golfistica, ritornando ai tuoi inizi, per dare un piccolo conforto a quei golfisti che, come me, hanno iniziato da poco e sono alle prese con uno swing da costruire. Mi piacerebbe in particolare sapere se anche a te capitava in determinati giorni di trovare uno swing fantastico, che ti consentiva di tirare qualunque bastone con grande confidenza, ed in altri misteriosamente questa capacità svaniva facendo una fatica mostruosa. […] Hai presente quando fai un puzzle? Sei verso la fine, ormai trovi velocemente i pezzi da attaccare, poi succede che lo lasci lì per un paio di settimane e quando lo riprendi non sai più da dove cominciare, e allora tanto vale che lo smonti tutto e ricominci da capo.
Partiamo dalla fine: questa esperienza è comune a tutti o quasi tutti i golfisti che iniziano, e la soluzione esiste e si chiama pratica, o più in particolare spaced practice e deliberate practice. Questa è la versione corta.
Ora la versione lunga. Per immedesimarmi nella situazione sono andato a riprendere le mie statistiche del 2006, ovvero della mia terza stagione di golf. L’handicap di inizio anno era 20,6, a fine anno era diventato 18,5 – dunque un handicap abbastanza tipico, diciamo da golfista medio. (Con una differenza sostanziale di atteggiamento: il 20 può essere un punto di passaggio oppure di arrivo, ma questo dipende dagli obiettivi. Ovviamente stiamo parlando del primo caso.)
Registrai 17 giri completi quell’anno. Lo score più basso fu un 80 (ma il secondo più basso un 86 – comunque quel giro me lo ricordo bene, e rammento in particolare un ferro 4 in un par 3 lungo che atterrò in centro green – all’epoca non credevo che fossi capace di cose del genere, anche se oggi ho il fondato sospetto che avvenne sostanzialmente per caso), il più alto un 104; la media poco più di 96, la mediana 98. Quindi già da questi pochi dati si vede bene quel che dici tu, la variabilità degli score (che è risultato della variabilità degli swing e dei putt). Quindi sì, anche a me capitava quel che dici tu, ma lo trovo del tutto normale.
La soluzione, ovvio, è nella pratica: sia in campo pratica che – quando possibile – in campo (senza scontrarsi con le madame, grazie). Ma non, certamente non nella pratica per la pratica, ovvero nel tirare duecento palle un giorno (di cui magari cento con lo stesso bastone) e poi dimenticarsene per i giorni a venire. La pratica ha senso se fatta in maniera costante; non servono tre ore al giorno, può bastare mezz’ora – ma non una volta ogni due settimane, o si vanificherebbe ogni sforzo. (Questo libro di Pelz può essere inutile, ma il titolo è significativo.) La pratica deve essere pensata (spaced, per dirla con Guadagnoli – in quella intervista che ho citato sopra ha detto cose molto interessanti). Insomma lo swing è una cosa viva che solo col tempo si attacca a te come una seconda pelle; e anche così sarà sempre qualcosa che cambia di continuo; ma quantomeno la pratica pensata e ripetuta porterà agli automatismi che sono il sale degli score bassi, proprio perché un score basso si fa senza pensare a nulla – è il gioco stesso che si prende cura di sé, e il risultato è una semplice conseguenza.
E comunque l’obiettivo della pratica non è quella di arrivare ad eseguire il colpo perfetto (che non esiste nemmeno per i pro, salvo rarissime eccezioni – anche il Tiger dei tempi d’oro diceva che in un giro non tirava più di 4-5 colpi esattamente come li aveva pensati), ma di acquisire una tale confidenza che sbagliare diventa impossibile (almeno come idea).
Altra considerazione: l’apprendimento procede a cerchi, e dunque per migliorare occorre peggiorare: perché acquisire un movimento nuovo vuole dire adattarsi a sensazioni nuove, cha all’inizio saranno tutt’altro che confortevoli. Quindi se si cambia qualcosa dello swing occorre accettare l’idea che molto probabilmente per un po’ di tempo si peggiorerà, fino a che quel movimento diverrà acquisito.
Ho dato un po’ di conforto? 🙂
Commenti
Perfect practice makes perfect: https://t.co/Aq5pg9sTY2 https://t.co/4yISWk8oJK
Grazie Gianni, hai centrato esattamente il punto. Ed in effetti ieri sono andato in campo pratica (piovigginava e quindi ero da solo – quanto mi piace avere il campo pratica tutto per me) con l’idea di mettere insieme i pezzi di uno swing che si era completamente sfilacciato e ho riflettuto esattamente su uno dei passaggi del tuo posto. Lo swing dovrebbe essere come una “seconda pelle” ma a volte si dimentica che perché questo accada è necessario acquisire consapevolezza del movimento: succede quindi che a volte, anche inconsciamente, pensiamo di non doverci lavorare più di tanto perchè è soddisfacente ed è lì che comincia lo sfilacciamento. E allora ieri ho ricominciato dalle tabelline (come dice Andrea Zanardelli), ho messo la mia salvietta sul tappetino ed ho cominciato a tirare dei pitch tesi (è stata la prima cosa che mi ha fatto fare Andrea nella sua prima lezione con lui): dopo un paio di gettoni e tanti ragionamenti veniva fuori quello che volevo ed ho cominciato con gli altri bastoni, con ottimi risultati sia di precisione che di lunghezza che di costanza. Dopo un paio d’ore me ne sono andato un po’ sudaticcio ma con la consapevolezza che qualsiasi cosa voglia fare nella vita, devo essere certo di saperla fare dalle basi e devo accettare che per migliorare è necessario mettersi in gioco e che quindi si può anche cadere. Morale della favola: questo è il golf, sono partito per recuperare un gesto tecnico e me ne sono tornato con una lezione di vita.
E seguendo il tuo consiglio, tornerò oggi, e domani mi sono prenotato una lezione con il mio pro
Bravo Fabio! Perfect practice makes perfect. In seguito alle tue parole mi è venuto in mente che potrei/dovrei fare un video in campo pratica per far vedere come pratico io, a mo’ di esempio.
RT @GianniDavico: Perfect practice makes perfect: https://t.co/Aq5pg9sTY2 https://t.co/4yISWk8oJK
e mi sembra un’ottima idea
Ciao Gianni e piacere di conoscerti Fabio,
scusate se mi intrometto, ma volevo chiedere a Fabio se può spiegare l’esercizio della salvietta, e chiaramente Gianni dopo la tua affermazione sto già preparando popcorn e poltrona per guardarmi il tuo video-corso sulla pratica. 😉
Ciao Mauro, l’esercizio della salvietta funziona così: la posizioni perpendicolarmente alla linea di tiro in corrispondenza del piede destro e quindi dietro la palla, quindi ti metti il cappuccio del driver sotto l’ascella sinistra (una volta presa dimestichezza lo togli), con il pitch (ma puoi farlo anche con altri bastoni) devi colpire la palla senza toccare la salvietta con un finish basso. Serve per assimilare la compressione della palla e per migliorare il controllo dello swing: la palla deve partire bassa e tesa, diciamo che col pitch dovresti fare una sessantina di metri con un volo radente. Se non l’hai mai fatto ci vorrà un po’ prima di riuscirci, io la prima volta ho tirato circa 40 palle prima di cominciare ad avere il risultato corretto. Ora già che ci sono ti giro questo link di andrea zanardelli, come sempre illuminante https://vimeo.com/144415998
Ciao Fabio, grazie per la spiegazione, vorrei però chiederti un chiarimento, la salvietta è arrotolata?
Piegala in tre
Ciao Fabio,
se ho capito bene la tua spiegazione il colpo che devo eseguire è simile a quello descritto da Zanardelli in questo video, confermi?!? https://vimeo.com/130614651
Grazie
Fabio, Mauro, che bello questo vostro scambio – il blog assolve una delle sue funzioni primarie!
Proprio lui Mario, io dopo aver imparato a colpire la palla in questo modo ho fatto progressi enormi… e soprattutto nel gioco corto, prova a colpire tutti gli approcci (bassi e alti) schiacciando la palla in quel modo (l’altezza del colpo falla gestire solo all’apertura della faccia del bastone (colpo alto bastone aperto, colpo basso bastone chiuso) e vedrai che dopo un po’ di pratica approccerrai quasi come il grande phil.
Ciao Fabio, se dopo aver praticato questo esercizio inizio a giocare come Phil… puoi anche chiamarmi Mario… 🙂
Scusa Mario… oops, Mauro