Mi prendo la libertà, nell’ultimo post dell’anno su questo blog, di parlare del mio anno golfistico. Per una sorta di riepilogo delle cose passate, come ho spesso fatto negli ultimi anni; per raccontare (e raccontarmi) un anno di avventure; e anche perché negli ultimi mesi ho rarefatto, per via di vicende personali, la mia scrittura. Ma la scrittura – al pari del golf – è per me vita.
Il libro, innanzitutto. Campo pratica è qualcosa di cui vado fiero, un libro che se non avessi scritto quest’anno non avrei scritto mai più, uno strumento che sinceramente penso utile per il golfista seriamente intenzionato a migliorare. (È difficile, lo so, e non tutti hanno la voglia di mettersi in gioco eccetera; ma chi lo vuole fare ha un mezzo in più.) Per questo sono grato ai miei compagni di avventura – Andrea De Giorgio, Roberto Cadonati e Franco Iacovitti – e all’editore Caissa Italia, e in particolare a Yuri Garrett, che ne è l’anima e che proprio oggi mi ha reso edotto dei lusinghieri dati di vendita. È un mio libro certo, ma insomma è un’opera corale – non dobbiamo dimenticare mai che, comunque vada, siamo nani sulle spalle dei giganti.
Poi, per quanto riguarda il golf giocato, ho tre cose da dire.
1. Questo è il primo anno, da che ho preso in mano un bastone da golf, in cui non ho preso nemmeno una mezz’ora di lezione. Il mio golf è cambiato con gli anni, è vero, e ora mi sento molto più a mio agio nel dissezionare il mio gioco, trovare gli errori, lavorarci su e così via. Purtuttavia prenderei volentieri una serie di lezioni (se non altro per non essere il solito calzolaio con le scarpe rotte), ma quest’anno mi hanno frenato essenzialmente problemi di denaro (“è più prosa che poesia”, direbbe Rino Gaetano). Ma se, come mi auguro, riuscirò a risolvere a mio vantaggio la lotta con l’euro, sono sicuro che nei prossimi mesi quest’astinenza finirà.
2. Come nel 2011, ho vinto entrambi i campionati match play (scratch e pareggiato) del mio circolo. “Ma non c’era nessuno!”, mi si dirà. Potrebbe essere vero, e in effetti una volta soltanto – nella semifinale dello scratch – ho patito l’avversario e magari avrei anche potuto perdere. Però chi non partecipa ha torto a prescindere (o quantomeno non dovrebbe avere diritto di parola sull’argomento); e comunque io mi sono preparato in maniera specifica per queste gare (che adoro!); e averle vinte entrambe, e aver messo ancora per quest’anno in fila i ragazzi (per il prossimo si vedrà), è una discreta soddisfazione per me.
3. Per due volte quest’anno sono andato sotto par in gara (mi era già successo una volta l’anno scorso, ma ero da solo). (Qui il racconto di una delle due giornate.) Anche qui le attenuanti sono tante, prima tra le quali il fatto che il campo, il mio campo, non è un campo da campionato. Ma intanto tirali tu 71 colpi! Poi si vedrà. Del resto io non mi misuro con i ragazzi, con cui non c’è partita, ma principalmente con i senior: l’aver cominciato a 36 anni comporta il fatto che la mia visione del golf, e parallelamente quello che realmente posso fare nel golf, ha dei limiti oggettivi e forti. Cionondimeno l’esempio del mio dolce mito e la chimera delle 10mila ore sono sempre dinnanzi a me.
Detto tutto questo, il mio handicap attuale è 4,2 e quello di inizio anno era 4,4 – ovvero altissimo, poche balle. Sono sceso a 3,5 ma non sono riuscito ad andare oltre. Manca il denaro, gli anni sono quelli che sono, tutto quel che vuoi; io però mi sento sempre come il Piccolo principe, e voglio continuare a coltivare la mia rosa.
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