Ieri sera ho presentato brevemente il libro ai Ciliegi. È stato un evento che ho a lungo sognato; poi le cose naturalmente non vanno mai come previsto – ho avuto dei problemi personali nel momento in cui avrei dovuto rendere al massimo e presentare la mia creatura alle persone che compongono il circolo che da sempre adoro. Sono andato abbastanza a braccio, perché non ero al 100% “sul pezzo”; ma per dare prospettiva alla cosa riporto qui la bozza di discorso che ieri avevo preparato davanti allo specchio.
Sarei partito dal ringraziamento al nostro presidente, Alessandro Boggio, da sempre anima trainante dei Ciliegi, perché l’opportunità – comunque la si guardi – era splendida: presentare il mio ultimo “figlioletto” (i miei libri sono sempre dei figlioletti per me) in quella che da sempre è per me la casa del golf.
Avrei cercato di descrivere brevemente il libro. Avrei detto (in realtà questo l’ho detto, anche se molto meno chiaramente di come avrei voluto) che il libro risponde a due domande: come si pratica e perché si pratica; il tutto partendo dalla considerazione che spesso si arriva in campo pratica e poi non si sa come praticare con la massima efficacia. Alla prima domanda sono dedicati i primi due capitoli del libro, che stabiliscono i fondamenti, danno delle definizioni e presentano la letteratura scientifica esistente in tema; alla seconda rispondono i capitoli 3, 4 e 5, dedicati rispettivamente al putt, al gioco corto e al gioco lungo – in quest’ordine, perché ritengo che per un golfista dilettante sia questo l’ordine di importanza. Questi capitoli danno dei suggerimenti e presentano degli esercizi misurabili, specifici e divertenti – perché sì, a condizione che si trovi la chiave corretta la pratica può essere divertente.
Avrei ricordato (anche questo l’ho fatto, in realtà – è importante) che il libro è arricchito dai contributi di Andrea De Giorgio, che è stato mio maestro per diversi anni, portandomi dal 10 al 4 (un salto non da poco) e che ha fornito per così dire l’avallo tecnico al libro (io conosco il campo pratica bene, o molto bene, o forse anche ottimamente; ma non sono un maestro!); di Roberto Cadonati, illustre psicologo che ha scritto il capitolo dedicato alla psicologia applicata al golf, che è di per sé un vaso di Pandora nel senso che contiene aspetti fondamentali che troppo spesso trascuriamo; e Franco Iacovitti, docente alla Scuola Nazionale di Golf, che ha scritto il capitolo relativo alla preparazione fisica.
Avrei infine voluto che si aprisse un dibattito, o che comunque ci fossero domande e un minimo di contradditorio (“Vorrei solo che dall’urto / nascesse una più energica morale”, per dirla con Nelo Risi); così non è stato e pazienza. Ma, anche se quasi mai le cose vanno come previsto, la soddisfazione di aver portato questo mio quinto figlioletto nella casa del golf rimane.
Carissimo,
Ho trovato MOOOOLTO ben fatto il tuo libro e lo consiglio vivamente a tutti coloro che vogliono prosperare e non sopravvivere nel loro gioco.
Del resto per citare B. Darwin “È questa costante e imperitura speranza di migliorare che rende il golf squisitamente piacevole da giocare”
Fabio.
Handicap 25