Il post della settimana scorsa mi era stato “dettato”, a mo’ di “sfida”, da un amico che desidera perdere qualche colpo. Allora ho cercato di identificarmi in lui e ho scritto un programma dedicato al gioco corto e al putt per cominciare ad andare in quella direzione. Se poi l’amico si impegnerà in quel senso, o se qualcun altro lo chiederà, passeremo alla “fase 2”.
Nello stesso giorno Fabio dice:
Ti chiederei di fare un programmino simile anche sulla pratica del gioco lungo.
Allora, per non farlo aspettare ad kalendas (perché mesi fa ho fatto un’altra promessa non ancora mantenuta), ecco qui una lista imperfetta e parziale quanto si vuole ma comunque reale per la pratica del gioco lungo.
Con due premesse: innanzitutto, ovviamente non sono un pro, ma – diciamo – un dilettante curioso, e dunque i miei suggerimenti vanno presi come parole di un amico e poco più; secondariamente, se il gioco corto e il putt sono territori per me molto familiari, di cui conosco asperità e sotterfugi, segreti e promesse, lo swing completo è per me un “luogo” col quale ho minor confidenza, dove mi muovo con meno sicurezza. (E del resto, come dice Massimo Scarpa, se lui e io dovessimo fare una gara di swing, mille volte su mille vincerebbe lui; mentre in una gara di putt o di gioco corto è possibile che ogni tanto potrei dire la mia.)
Con questi presupposti via, si va! (L’ordine è casuale.)
1. Cambiare spesso bastone
Questo è importante: a meno che non si stia sperimentando un cambiamento specifico del movimento, non ha alcun senso tirare, chessò?, cinquanta ferri 7 di fila, sia perché è una situazione del tutto teorica, sia perché la curva di apprendimento avrebbe una discesa verticale dopo il quarto o quinto colpo. Quindi suggerisco di cambiare bastone dopo 4-6 colpi, qualcosa del genere.
2. Non farsi prendere dall’ossessione della lunghezza
Questo vale soprattutto per i ferri, che sono strumenti di precisione e non di distanza. È dunque molto più importante sapere che, per dire, col ferro 7 faccio da 138 a 145 metri piuttosto che tirane uno a 160 e l’altro a 130 – col risultato che in campo non saprei più che bastone usare per un dato colpo.
3. Il driver c’entra molto con l’ego, ma deve essere utilizzato con bel deuit
È giusto e comprensibile e divertente tirarla lunga, ma a meno che non si sia davvero lunghi nell’economia del gioco ha più senso tirarla diritta.
4. Il ritmo!
Ritmo è una parola che può suonare ambigua, e certamente è una sensazione difficile da descrivere. Ma nello stesso tempo credo che sia la parola più importante legata allo swing pieno. Uno swing ritmato, cadenzato, senza fretta è certamente quello che può dare i risultati migliori.
5. L’importante è poco e spesso
Non serve passare un pomeriggio intero in campo pratica alla ricerca del Santo Graal. Se nel putt ho sperimentato che dopo quaranta minuti la pratica non mi serve più a nulla, perché le forze mentali sono drenate, con lo swing pieno direi che dopo un’ora di pratica l’utilità diminuisce molto. Meglio, per dire, un’ora tre volte la settimana che quattro ore di seguito una volta la settimana. Decisamente molto meglio.
6. Tirare palle all’impazzata, una dopo l’altra senza riflettere, non serve a nulla
Magari è divertente, ma dal punto di vista dell’apprendimento vale zero. Ogni colpo deve essere riflettuto e pensato prima dell’esecuzione, ed esaminato e sviscerato dopo. Quindi in un’ora di pratica possiamo tirare qualcosa come cinquanta palline, forse qualcuna (ma non tante) di più. Di sicuro dopo la centesima l’attenzione non può essere molto alta, e di conseguenza è poco ciò che si può apprendere.
7. Obiettivi specifici
Ogni volta che tiriamo una pallina dobbiamo mirare a un obiettivo il più specifico possibile. “Somewhere down in the middle” non ha alcun senso. Un green (a seconda della conformazione del campo pratica) è già un poco meglio. Un albero va bene. Un ramo di albero però è meglio. La foglia del ramo di un albero, o lo 0 centrale del cartello dei 100, è l’ideale.
8. La strada verso il circolo
Io trovo che la mia pratica è molto più redditizia se nei venti minuti che mi portano al circolo penso a quel che voglio fare, a come lo voglio fare, a quali sono gli obiettivi di quel giorno; e poi nei venti che mi riportano a casa penso a quel che ho fatto, a che cosa ho imparato, a quel che voglio fare ancora.
9. Tenere un diario
Questo punto è assolutamente fondamentale. Dico tutto qui.
10. I training aid sono utili…
… ma non facciamone una malattia. Negli anni ho imparato molto di più da attrezzi semplici che mi sono costruito da solo senza spesa che non da strumenti comprati apposta perché soddisfacevano sì il mio ego, ma portavano poca sostanza.
Ecco fatto. Ora attendo i feedback!
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