Gen 01

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L’anno inizia nei migliore dei modi per Campo pratica: ho avuto infatti nei giorni scorsi una piacevole conversazione telefonica con Massimo Scarpa. Di lui, oltre alla carriera da giocatore, conoscevo già l’ottima preparazione tecnica (senza voler togliere nulla agli altri commentatori, per me il massimo nelle telecronache di Sky è dato dalla coppia Grappasonni – Scarpa). In questa chiacchierata ho scoperto due cose nuove: la sua grande disponibilità e le sue risposte meditate.

A seguire quanto ci siamo detti; con un grazie a Massimo per essersi prestato a questo “gioco”.

E il seguito, ovviamente, è tutto nel suo libro, che consiglio caldamente di leggere.

Com’è nata l’idea del libro?

Lorenzo Dallari, all’epoca vicedirettore e responsabile per il golf per Sky, mi vedeva scrivere spesso – io scrivo molte relazioni tecniche relative al gioco dei ragazzi della Nazionale, perché mi aiutano nelle analisi di gioco – e mi chiese di fargli leggere quel che scrivevo. Lette le mie note tecniche (che ovviamente gli avevo passato depurate dai dati personali) mi disse: “Tu hai già pronto un libro”. Al che io risposi: “Mi sembra una follia”. Però fu una lucida follia, perché lui aveva capito che il libro era in effetti già scritto, perché esaminare gli swing dei ragazzi mi aveva permesso di elaborare una casistica dei difetti tipici riscontrabili nella maggior parte dei golfisti. E poi è stato molto divertente arrivare al prodotto finito.

La nuova teoria dello swing: che cosa cambia per l’insegnamento ai dilettanti?

Guarda, secondo me non cambia nulla: il concetto fondamentale è che ora abbiamo la diagnosi certa, però la cura non cambia. Non cambia perché richiede preparazione, istinto, capacità, intuizione. La macchina si limita a fare la diagnosi della malattia, e questa diagnosi ora è certa; ma la cura si basa sempre sull’esperienza del maestro.

E per il pro?

La stessa cosa. Con una piccola differenza: nel pro la diagnosi è più difficile, perché lo swing si avvicina alla perfezione e i difetti sono quindi minimi. In questo senso quindi le conoscenze attuali aiutano molto.

Quanto ritieni importante l’uso di strumenti quali Trackman o FlightScope per un dilettante?

Fondamentale nel momento in cui si hanno dei dubbi, per formulare una diagnosi certa; ma più di qualche volta gli errori dei dilettanti sono così evidenti che la tecnologia diventa superflua.
Il mio golf
Mark Broadie, in Every Shot Counts, dice — statistiche alla mano — che il gioco lungo è più importante del gioco corto e del putt per segnare uno score che sia il più basso possibile. Che cosa ne pensi?

È una domanda molto difficile. Tutti i giocatori, prima dell’uscita del libro, avrebbero detto che il gioco corto e il putt hanno un’importanza relativa maggiore. Gli stessi caddie, che sono fondamentali per la diagnosi (in quanto sono persone competenti senza essere coinvolti in maniera diretta nel gioco), avrebbero detto lo stesso.
Io credo nei numeri di Broadie, e ho il massimo rispetto per il suo lavoro, però penso che tra qualche anno lui dirà che non tutti i putt hanno lo stesso valore. Per esempio un putt alla 36ma buca per passare il taglio o alla 72ma per vincere hanno un peso specifico diverso rispetto a un putt sulla prima buca di una gara. Quindi anche la pressione e il battito cardiaco hanno il loro peso!

Puoi dare qualche suggerimento per il/la golfista seriamente intenzionato/a a migliorare il proprio gioco?

Mark Broadie si arrabbierà se mai dovesse leggere queste mie parole, ma credo che la maggior parte dei dilettanti abbia problemi non a iniziare, ma a chiudere la buca: quindi dovrebbe dedicare più tempo al gioco corto e al putt che non al gioco lungo. Se io e un neofita dovessimo fare da qui all’eternità una gara sul gioco corto e sul putt, è probabile che lui mi batta più di qualche volta; mentre se dovessimo fare la stessa gara sul gioco lungo è probabile che sia sempre io a vincere, perché ci sarebbe una grande differenza – molto difficilmente colmabile – sia dal punto di vista fisico che da quello tecnico.
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Quante volte la settimana dovrebbe praticare un dilettante?

Direi che tre volte la settimana possono bastare: due sessioni di pratica cui si aggiunge un’uscita in campo.

La preparazione fisica per il golf: quanto è importante, come va fatta.

È molto importante, perché star bene fisicamente ti permette di fare dei buoni score. La difficoltà consiste nel capire come va fatta. Bisogna che porti due cose: elasticità e velocità. Punto, non occorre altro. Tutto il resto è superfluo, oppure è sensato ma per target più importanti (ovvero nel caso dei pro). Non è che McIlroy giochi bene perché è preparato fisicamente: lui gioca bene perché ha delle qualità tecniche incredibili, e poi la preparazione fisica lo aiuta a rimanere in forma. Ma i bisogni di un dilettante in questo senso sono molto più elementari.

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Feb 06

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Pubblico oggi la terza e ultima parte dell’intervista a Warne Palmer (qui la prima, che tratta di temi generali, e qui la seconda, che parla della pratica), in cui il pro americano discorre di gioco corto, di putt e di chip.

Con questo post – e con un caloroso grazie all’amico Warne – il cerchio si chiude.

– Could you give a list of drills for putting?
[Puoi fornire una lista di esercizi per il putt?]

Putting drills should be fun so I encourage my students to practice in a game format. Here are three of my favorite drills:

1) North, South, East, West Drill—the player places three balls on a line north of the hole at intervals of 3, 5 and 7 feet and rolls those putts; the player repeats the drill from the other three directions for a total of 12 putts. If the player makes 8 or more putts he or she wins the game. This is a putting accuracy drill. The game can be repeated at longer distances with fewer putts made required for a win.

2) Circle Drill—cut a piece of string that can be placed on the ground forming in a 3 foot circle around the hole. Use five balls and hit a putt from each of the following distances: 10, 15, 20, 25 and 30 feet trying to stop the ball within the circle. This drill helps a player practice distance control in his or her putting. If three or more balls stop in the circle the player wins the game. Repeat the drill from different locations on the practice green or make the string circle slightly smaller for a greater challenge.

3) Yardstick drill—place a yardstick on the green with one end over the edge of a hole. Place a ball on the yardstick at 12 inches. Try to strike the ball with a square putter face so the rolls the entire 12 inches on the yardstick and goes into the hole. Gradually lengthen the balls distance from the hole to 18 inches then 24 inches and finally 35 inches with the goal being to keep the ball rolling in a very straight line on the stick and into the hole. This drill helps a player learn to control the putter in a very precise manner during a stroke.

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[Pattare dovrebbe essere divertente. Per questo motivo incoraggio i miei allievi a praticare con delle piccole gare. Ecco i tre esercizi che preferisco:

1) North, South, East, West Drill. Il giocatore piazza tre palline su una linea a nord della buca a 1, 1,5 e 2 metri e poi tira questi putt. Quindi ripete l’esercizio dalle altre tre direzioni, per un totale di 12 putt. Se il giocatore imbuca otto o più putt, vince la partita. Questo è un esercizio per l’accuratezza nel putt. Il gioco si può ripetere a distanze maggiori, con un numero minore di putt richiesto per vincere.

2) Circle Drill. Occorre munirsi di un pezzo di corda sottile da piazzarsi a formare un cerchio a un metro dalla buca. Si utilizzano cinque palline e si tira un putt da ciascuna di queste distanze: 3, 4,5, 6, 7,5 e 9 metri, cercando di far fermare la palla all’interno del cerchio. Questo esercizio aiuta il giocatore a praticare il controllo della distanza sul putt. Se tre o più palline si fermano all’interno del cerchio, il giocatore vince. Si può ripetere l’esercizio da posti differenti sul putting green, o anche restringere il cerchio per una sfida più coinvolgente.

3) Yardstick drill. Bisogna posizionare un metro a rotella sul green, con un’estremità che termini sul bordo di una buca. Quindi si piazza una pallina sul metro, a 30 centimetri. L’obiettivo è di colpire la pallina tenendo la faccia del putt square, in maniera che rotoli per l’intero percorso sul metro e termini in buca. Gradualmente si allunga la distanza della palla dalla buca a 50 centimetri, poi a 60 e infine a 90, con l’obiettivo di far rotolare la pallina su una linea diritta fino alla buca. Questo esercizio aiuta il giocatore a controllare il putter in maniera molto precisa durante il colpo.]

– And for the short game?
[E per quanto riguarda il gioco corto?]

Short game practice should concentrate on developing the techniques and skills required to make a consistent strike of the ball in the center of the clubface and should focus on the player’s ability to get the ball to stop within a close proximity of the hole. The fundamentals a player uses should be simple and repeatable. A general rule of thumb is to swing the club back and forth in a smooth motion and using an equal balance of the big, core muscles (chest and shoulders) and the small muscles (arms and hands) working together, in unison to produce the swing required for a specific shot.

Hitting shots with one hand and then the other is an excellent way to develop control of the clubface. Practice shots from a variety of lies in different lengths of grass and from different distances. Also, experiment using clubs with different lofts from diverse locations around the green and to various targets of different distances. Practice a variety of shots from a variety of situations and with a variety of clubs with the goal of getting each shot to finish close to the hole. As with anything in life, the more times a person correctly practices an activity, the better the person becomes at doing that activity well.

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[La pratica del gioco corto dovrebbe focalizzarsi sullo sviluppare la tecnica e le abilità richieste per avere un contatto ripetitivo della palla nel centro della faccia del bastone, e dovrebbe concentrarsi sull’abilità del giocatore di far fermare la palla in prossimità della buca. I fondamentali utilizzati da un giocatore dovrebbero essere semplici e ripetitivi. Una regola avente validità generale è di fare lo swing avanti e indietro con un movimento fluido e utilizzando nella stessa misura i grandi muscoli (petto e spalle) e quelli piccoli (braccia e mani), in maniera che lavorino insieme e in armonia per produrre lo swing richiesto per un dato colpo.

Tirare dei colpi con una mano e poi con l’altra è una maniera eccellente per raffinare il controllo della faccia del bastone. Bisogna praticare i colpi da un’ampia gamma di lie, con differenti lunghezze dell’erba e distanze. Inoltre, è bene fare esperimenti utilizzando bastoni con loft diversi da diverse posizioni attorno al green e verso diversi obiettivi a distanze differenti. È bene praticare una varietà di colpi da una varietà di situazioni e con una gamma di bastoni, con l’obiettivo di far fermare ogni colpo vicino alla buca. Come in qualunque situazione della vita, più una persona pratica in maniera corretta una determinata attività, più quella persona diverrà efficace nel fare quell’attività.]

– A technical question regarding chipping: do you think that the hips should start the downswing or the body should be quiet during it?
[Una domanda tecnica a riguardo del chip: pensi che i fianchi dovrebbero dare inizio al downswing oppure il corpo dovrebbe rimanere fermo in quella fase?]

A proper chipping motion involves the hips, torso, shoulders, arms and hands working together to produce a small, balanced swing. A smooth rotation of the lead hip away from the ball to start the chipping motion is absolutely a correct technique to develop.

[Un movimento corretto del chip coinvolge i fianchi, il busto, le spalle, le braccia e le mani che lavorano insieme per produrre uno swing corto ed equilibrato. Una rotazione morbida del fianco che guida lontano dalla palla per iniziare il movimento del chip è assolutamente una tecnica corretta da sviluppare.]

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Gen 16

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La settimana scorsa ho pubblicato qui la prima (di tre) parte della mia conversazione con Warne Palmer, il pro americano autore di Palmer 60/40 Golf. La volta scorsa abbiamo trattato temi generali; oggi parleremo della pratica (poteva mancare?), mentre la terza parte tratterà del gioco corto e del putt.

– How long should a typical practice session last?
[Quanto dovrebbe durare una tipica sessione di pratica?]

Most golfers would benefit from more frequent, shorter practice sessions than from occasional, longer sessions. I encourage my students to practice four to five times a week. However, the practice can take many forms and doesn’t always have to be at a practice facility or on the course. Golfers who maximize their practice work on all of the four major areas of the game every week—full swing, short game, putting, and fitness.
Full swing practice can occur while playing golf, hitting driving range balls or rehearsing swings at home. Short game and putting practice can likewise take place on the course, at a practice area or simply is a room at home. A player’s physical workouts impact all aspects of playing golf but rarely occur at a golf course. I recommend practice or training sessions that are concentrated and last approximately 45 minutes to one hour, four or more times per week. This practice should be technical and specific in an effort to improve the skills and techniques of golf while developing instinctive repetitive habits and better athleticism. This is practicing with a purpose.

[La maggior parte dei golfisti trattebbe maggior beneficio da sessioni di pratica più frequenti e brevi piuttosto che da sessioni più occasionali e lunghe. Io incoraggio i miei allievi a praticare quattro-cinque volte a settimana. Va detto comunque che la pratica può prendere molte forme, e non deve essere sempre svolta in campo pratica oppure in campo. I golfisti ottengono il massimo dal loro lavoro di pratica curando tutti e quattro i principali settori di gioco – swing pieno, gioco corto, putt e fitness – ogni settimana.
La pratica dello swing pieno può essere svolta sia giocando a golf, sia in campo pratica, sia provando lo swing a casa. Alla stessa maniera, il gioco corto e il putt si possono praticare sul campo, in campo pratica o semplicemente in una stanza di casa. L’allenamento fisico di un giocatore ha effetto su tutti gli aspetti del gioco del golf, ma di rado avviene sul campo di gioco. Io raccomando sessioni di pratica o di fitness che siano concentrate e che durino dai 45 minuti ad un’ora, quattro o più volte la settimana. Questo tipo di pratica dovrebbe essere tecnica e specifica, con l’obiettivo di migliorare le abilità e la tecnica del golf e nello stesso tempo sviluppare abitudini ripetitive e istintive e ottenere una migliore preparazione fisica. Tutto ciò significa praticare con uno scopo.]

– In your opinion, how much time in percentage should a golfer devote to practice, with respect to the time spent on the course?
[Secondo te, quanto tempo in percentuale un golfista dovrebbe dedicare alla pratica, rispetto al tempo passato in campo?]

If possible, a serious golfer should follow the practice regimen described in the response to the previous question in order to hone and sharpen his or her skills but also add the additional element of playing golf as often as possible or at least three times per week. These playing opportunities don’t have to be complete 18 hole rounds. Even playing a few holes in the evening and hitting two balls at each location is beneficial practice. Being on the course is the closest thing to playing a round of golf with friends, family members or in competition. The constant variety of shots one encounters and the requirement of switching from one club to another as one plays along a hole are two of the most challenging aspects of the game that can best be practiced while playing on a golf course. The ratio of specific practice time compared to time spent playing should vary from 70% practice and 30% playing in the beginning of a season to the reverse of those numbers during and near the end of the season depending on a player’s schedule and goals.

[Se possibile, un golfista seriamente intenzionato a migliorare il proprio gioco dovrebbe seguire il regime di pratica appena descritto, al fine di affinare e migliorare la propria abilità, ma anche gli elementi addizionali che compongono il gioco del golf, il più spesso possibile e comunque almeno tre volte la settimana. Queste opportunità di gioco non devono necessariamente essere giri completi di 18 buche. Anche giocare qualche buca la sera e tirare due palline invece di una sola è pratica che porta benefici. Stare in campo è quanto di più vicino ci sia al fare un giro di golf completo con amici, familiari oppure in gara. La varietà costante di colpi in cui ci si imbatte e la necessità di passare da un bastone all’altro mentre si affronta una buca costituiscono due tra gli aspetti più impegnativi del gioco che possono essere praticati mentre si affronta un campo. Il rapporto tra il tempo specificatamente dedicato alla pratica e il tempo passato a giocare dovrebbe variare dal 70% di pratica e il 30% di gioco a inizio stagione all’inverso in piena stagione e verso la fine di essa, a seconda del calendario e degli obiettivi del giocatore.]

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– Do you think that training on the course (e.g. repeat the same shot for many times – obviously if nobody is waiting behind you!) could be useful?
[Pensi che l’allenamento in campo (ad esempio riprovare lo stesso colpo più volte – ovviamente se non hai nessuno dietro!) possa essere utile?]

One of my favorite activities is to practice golf while playing golf. It is an enjoyable way to practice and it affords me an opportunity to be alone with my thoughts, work on my game and enjoy the beauty and serenity of a golf course. Practicing this way provides an option to connect all of the mental and physical elements of golf and challenge myself to execute a vision for a shot without the distraction of other players.
Oftentimes I play two balls on each shot. If the initial swing was successful, I try to reinforce the proper fundamentals in the second shot. On the other hand, if the first ball was less than successful, I use the second shot as a way to correct the mistake from the first swing. Or, I might a different club for the second ball.
Practicing in this manner builds confidence for the future, doubles the amount of your practice in virtually the same amount of time and gives you the chance to use all of the clubs in your bag during a condensed session on the course.

[Una tra le attività che preferisco consiste nel praticare mentre gioco a golf. È una maniera piacevole di praticare, e mi permette di rimanere da solo con i miei pensieri, lavorare sul mio gioco e godere la bellezza e la serenità di un percorso di golf. Practicare in questa maniera dà la possibilità di mettere insieme tutti gli aspetti mentali e fisici del golf, e mi permette di sfidare me stesso a eseguire la visione che ho pensato per un colpo senza la distrazione costituita da altri giocatori.
Spesso gioco due palle per ciascun colpo. Se il primo swing è stato efficace, allora l’obiettivo è di rinforzare i fondamentali corretti nel secondo colpo. D’altro canto, se la prima palla non è andata dove volevo, uso il secondo colpo per correggere l’errore del primo swing. Oppure posso utilizzare un bastone differente per la seconda palla.
Praticare in questa maniera costruisce la fiducia per il futuro, raddoppia l’ammontare della pratica virtualmente nella stessa quantità di tempo e ti dà la possibilità di utilizzare tutti i bastoni che hai nella sacca in una sessione ristretta in campo.

– What do you think of the idea of having a diary, to record the achievements made, the unresolved problems and so on?
[Che cosa pensi dell’idea di tenere un diario per registrare i risultati raggiunti, i problemi ancora non risolti e così via?]

Establishing written goals is essential for success in any life endeavor. Every golfer should write short and long term goals at the beginning of each season. Goal setting should be realistic, attainable and easy to evaluate. Recording simple statistics throughout the season provides the data necessary to assess progress toward the achievement of certain goals. Periodic review of a player’s statistics as they relate to goals is an excellent way to evaluate improvement and determine if adjustments need to be made in the plan. Perhaps a player is hitting a high percentage of fairways but has an average rate of greens hit in regulation. Or maybe a player is not making many birdies and wants to practice the elements of the game that will increase the number of holes played in less than par. Empirical data aids in the decisions and changes the player should make in his or her practice sessions. Additionally, all players should keep notes related to swing tendencies and corrections that occur during the year. This list of personal swing thoughts is a quick reference for a player and can help the golfer maintain proper fundamentals throughout the season or regain confidence after a bad round.

[Fissare obiettivi scritti è essenziale per avere successo in qualunque ambito della vita. Ciascun golfista dovrebbe, all’inizio di ogni stagione, mettere su carta i propri obiettivi a breve e lungo termine. Gli obiettivi dovrebbero essere realistici, raggiungibili e facili da valutare. Registrare semplici statistiche durante la stagione fornisce i dati necessari per valutare i progressi fatti verso il raggiungimento di determinati obiettivi. La revisione periodica delle statistiche di un giocatore in relazione agli obiettivi è una maniera eccellente per valutare il miglioramento e determinare se occorre apportare degli aggiustamenti al piano. Magari un giocatore sta prendendo tanti fairway ma ha un basso numero di green presi nei colpi regolari. O forse un giocatore non sta facendo molti birdie e vuole praticare gli elementi del gioco che aumenteranno il numero di buche giocate sotto par. I dati empirici aiutano a prendere decisioni e a indirizzare i cambiamenti che il giocatore dovrebbe apportare nelle sue sessioni di pratica. Inoltre, tutti i giocatori dovrebbero tenere delle note relative alle tendenze del proprio swing e alle correzioni apportate durante l’anno. Questa lista di pensieri personali sullo swing è un veloce strumento di riferimento per un giocatore, e può aiutare il golfista a mantenere i giusti fondamentali attraverso la stagione o a riacquistare fiducia dopo un giro andato male.]

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Gen 09

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Nel numero di luglio-agosto 2014 scrissi su “Golf Today” una recensione di due libri pubblicati dal pro americano Warne Palmer. Siamo rimasti in contatto, e in questi giorni gli ho fatto qualche domanda per capire meglio il suo modo di pensare il golf. Ne è scaturita una lunga conversazione che tocca diversi temi, dalla tecnica fino alla “filosofia del golf”, che è un aspetto di questo sport che non dovremmo dimenticare mai.

Poiché le sue risposte sono molto elaborate, le ho divise in tre categorie:
– questioni generali;
– la pratica;
– il gioco corto e il putt.

Pubblico qui a seguire la prima parte dell’intervista, ovvero ciò che riguarda i temi generali di golf; la seconda e la terza seguiranno nelle prossime settimane. Segnalo anche che nei prossimi mesi uscirà un suo nuovo libro, Play Great Golf Now!, che è la rielaborazione del precedente. Ne parlerò a suo tempo.

– Could you elaborate a bit on your 60/40 system?
[Puoi descrivere il tuo sistema 60/40?]

The most significant change in golf instruction in the past forty years has been the movement away from a swing that generated power through a back and forth lateral sway to a rotary swing that is centered, that is a stationary turn during the swing with virtually no side to side movement. As a result there is more emphasis on a player’s core muscles rotating back and through and less on the arms and hands swinging the club. “60-40” was a swing thought I developed while working with students who were trying to improve their golf swings based on these new principles.
As a final thought in the player’s set-up and just before the player started the club in motion, I would ask the player to adjust his or her overall balance in a ratio of 60% on their lead hip, leg and foot and hold that position during the swing. 60-40 is actually a small exaggeration in that the goal is simply to have the student stayed centered over the ball during the swing and rotate the core or torso muscles of his or her upper body as a way to generate power and develop a consistent, repeatable swing. In reality 51% on the lead side and 49% on the trail side is sufficient once a player fully understands the concept and fundamentals related to a swing-centered approach to the golf swing.

[Il cambiamento più significativo avvenuto nel campo dell’insegnamento del golf negli ultimi quarant’anni è stato l’allontanarsi da uno swing che generava potenza attraverso lo spostamento laterale avanti e indietro a favore di uno swing rotondo, ovvero il girarsi in maniera stazionaria durante lo swing, di fatto senza movimento laterale. Di conseguenza c’è più enfasi sui muscoli centrali di un giocatore che ruotano indietro e attraverso lo swing, e meno sulle braccia e le mani che swingano il bastone. Il sistema “60-40” è stato un pensiero relativo allo swing che ho sviluppato durante il lavoro con gli allievi che stavano cercando di migliorare il proprio swing sulla base di questi nuovi principi.
Come pensiero finale nel set-up del giocatore e poco prima che egli dia inizio il movimento, gli chiedo di regolare il suo equilibrio generale ponendo il 60% del peso sul fianco, gamba e piede che guidano e di mantenere tale posizione durante lo swing. la distribuzione 60-40 è in realtà una leggera esagerazione, per il fatto che l’obiettivo è semplicemente quello di fare in maniera che l’allievo rimanga centrato sulla palla durante lo swing e ruoti i muscoli centrali, ovvero del tronco e della parte superiore del corpo, per generare potenza e sviluppare uno swing che sia costante e ripetibile. In realtà il 51% sulla parte che guida e il 49% su quella che segue sono sufficienti, una volta che il giocatore comprende pienamente il concetto e i fondamentali relativi allo swing “centrale”.]

– Mark Broadie, in Every Shot Counts, says — statistics at hand — that the long game is more important than the short game and putt, in order to score the lowest. What do you think?
[Mark Broadie, in Every Shot Counts, dice — statistiche alla mano — che il gioco lungo è più importante del gioco corto e del putt per segnare uno score che sia il più basso possibile. Che cosa ne pensi?]

This statement prompts an interesting debate.
A similar question relates to a discussion of which club is more important, the driver or the putter? The great Italian professional Edoardo Molinari was quoted this year as saying he believes the driver is the most important club in the bag. The driver is used the second most often in a typical round of golf and if we look at each hole as one of 18 separate contests within one large contest to make par or better, the driver starts this mini contest on most of the 18 holes. Also, it is undoubtedly the most dramatic “weapon” in golf because players who can drive the ball consistently straight and long have a tremendous advantage against a golf course and fellow competitors. Moreover, the psychological importance of starting most holes with an effective drive is paramount to the mental strength needed to shoot a low round of golf. The long game sets the stage for everything that follows on each hole and it is vital to begin as many holes as possible in a positive manner.
However, the putter is the most used club during a round of golf and all the power and distance gained from a great drive can be quickly surrendered if a player hits a mediocre approach shot into the green and putts woefully.
Therein lies one of the beautiful symmetries of golf—the necessary power and distance of a great drive; the required accuracy and precision of a great approach and the artful touch of a great putt must all be in concert with each other to produce a great round of golf.

[Questa affermazione apre un dibattito interessante.
Una domanda simile fa riferimento alla discussione su quale sia il bastone più importante: il driver o il putt? Edoardo Molinari ha sostenuto poco tempo fa che il driver è il bastone più importante nella sacca. Il driver è il secondo bastone più usato in un tipico giro di golf, e se pensiamo a ogni buca come una di diciotto diverse gare all’interno di una gara più grande il cui obiettivo è di fare par o meglio, il driver dà inizio a queste mini-gare nella maggior parte delle 18 buche. È anche e senza dubbio l'”arma” più drammatica nel golf, perché il giocatore che può tirare il driver costantemente dritto e lungo ha un vantaggio enorme contro il percorso e gli avversari. Inoltre l’importanza psicologia di iniziare la maggior parte delle buche con un drive efficace è un fattore primario nel fornire la forza mentale necessaria per completare un giro tirando pochi colpi. Il gioco lungo pone le basi per tutto ciò che segue su ciascuna buca, ed è vitale per iniziare quante più buche possibili in maniera positiva.
Tuttavia, il putt è il bastone più usato durante un giro di golf, e tutta la potenza e la distanza guadagnate con un drive splendido possono essere perse velocemente se un giocatore tira un ferro mediocre al green e tira un putt orrendo.
Qui si trova una delle splendide simmetrie proprie del golf: la potenza e la distanza necessarie per un grande drive, l’accuratezza e la precisione che si richiedono a un ferro al green e il tocco sapiente di un grande putt devono essere tutti in sintonia tra di loro per dare come risultato un grande giro di golf.]

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– Could you give some suggestions to the golfer serious about improving his/her game?
[Puoi dare qualche suggerimento per il/la golfista seriamente intenzionato/a a migliorare il proprio gioco?]

Golf is more like chess than checkers, with no disrespect to checkers. Golf is a complex, difficult game to acquire and play at an advanced level. Embrace the fact that the game is not easy. It will test you physically, emotionally and mentally on many levels for years and years. If a player accepts the challenges of golf, he or she will learn the lessons of humility, patience and persistence and many other important traits that carry over into life. The game can help keep a person healthy, in mind and body. A serious player will experience a great feeling of satisfaction and occasional perfection during the pursuit of playing golf well. Friendships and shared experiences that happen on a golf course will outlive many possessions and many times are far more valuable.
Enjoy the multi-faceted, life-long journey that only a serious golfer can appreciate—it is truly one of the greatest gifts in life.

[Il golf assomiglia più agli scacchi che alla dama (senza nessuna mancanza di rispetto per la dama). Il golf è un gioco complesso e difficile da padroneggiare e giocare a un livello avanzato. Occorre rendersi conto del fatto che non si tratta di un gioco semplice. Ti metterà alla prova da un punto di vista fisico, emozionale e mentale a vari livelli per anni e anni. Se un giocatore accetta le sfide del golf, lui/lei imparerà lezioni di umiltà, pazienza e perseveranza e molte altre caratteristiche importanti che si porterà dietro nella vita. Il gioco può aiutare a mantenere una persona in salute, sia a livello mentale che fisico. Un giocatore serio sperimenterà un grande senso di soddisfazione e di occasionale perfezione durante la sua sfida per giocare bene a golf. Le amicizie e le esperienze condivise che accadono su un campo di golf sopravvivranno a molti possedimenti – e molte volte hanno molto più valore.
Goditi il viaggio multiforme e lungo una vita intera che solo un golfista serio può apprezzare: è davvero uno dei doni più grandi che la vita può offrirci.]

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Set 19

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Ho parlato per la prima volta di Dan McLaughlin qui. In breve, è un ex fotografo che a trent’anni ha deciso di lasciare la professione per imbarcarsi in un’avventura dal risultato tutt’altro che scontato, ma assolutamente di rilievo e interessante: diventare professionista di golf (in maniera più precisa: prendere parte a una gara del PGA Tour) partendo da zero e con 10mila ore di allenamento specifico.

Ora lui, dopo quattro intensi anni, è giunto alla metà del progetto e ha pubblicato un ebook che raccoglie tutti i post scritti fino a qui. Gli ho fatto qualche domanda: trascrivo a seguire la nostra conversazione.

– What is your current handicap? (I’m asking this because the last date on your site is May 1st.)
[Qual è il tuo handicap attuale? (Te lo chiedo perché l’ultimo aggiornamento sul tuo sito risale al 1° maggio.)]

My current handicap is up to about a 5. I have been working on changing my swing and it has taken a toll on my scoring rounds, but it’s all about the long term.
[Il mio handicap attuale è salito fino a circa 5. Ho apportato dei cambiamenti al mio swing e ciò ha avuto delle conseguenze sui risultati in gara, ma l’obiettivo rimane il lungo termine.]

– Could you spend some words regarding your physical training? And what about your diet?
[Potresti spendere qualche parola per quanto riguarda il tuo allenamento fisico? E per quanto riguarda il tuo regime alimentare?]

I spend more time working on mobility, flexibility and stability than weight training. I still do a good bit of weights, but for the most part it is more about leverage and balance as well as having a stable base and core. The most important muscles for the golf swing are the core muscles in your body so I spend most of my workouts on those as well as the legs. As far as diet goes I don’t eat any processed foods and try to vary my diet as much as possible while making sure I consume plenty of protein and lots of different vegetables. What is also very important is hydration and food consumed during the round. I eat a few bites of something on every hole to keep the glucose levels up and make sure I drink plenty of water throughout the round.
[Dedico più tempo a lavorare sulla mobilità, sulla flessibilità e sulla stabilità che non all’allenamento con i pesi. Faccio ancora un bel po’ di pesi, ma per la maggior parte curo il sistema delle leve e l’equilibrio, oltre all’avere una base e un centro stabili. I muscoli più importanti per lo swing sono quelli centrali: a loro e a quelli delle gambe dedico quindi la maggior parte dei miei allenamenti. Per quanto riguarda l’alimentazione, evito tutti gli alimenti trattati e cerco di variare la mia dieta il più possibile, assicurandomi di consumare tante proteine ​​e una quantità di verdure diverse. Molto importante è anche l’idratazione e il cibo consumato durante un giro di golf. Io mangio qualche boccone di qualcosa ad ogni buca per mantenere i livelli di glucosio, e faccio in maniera di bere molta acqua durante il giro.

– How do you benefit from books?
[In quale maniera ricavi beneficio dai libri?]

There are plenty of great golf books out there. I tend to read more about the mental side of the game and less about golf swing instruction as it’s easy to get confused with the golf swing and I like to have just one source for what to work on. Mental books that I love are the Vision54 series. I also enjoyed reading Zen Golf and Golf is Not a Game of Perfect. All of those are recommended.
[Ci sono tantissimi libri di golf magnifici a nostra disposizione. Tendo a leggere di più a riguardo degli aspetti mentali e meno libri di tecnica, perché è facile confondersi con lo swing e mi piace avere una sola fonte per quello su cui devo lavorare. I libri “mentali” che amo sono quelli della serie Vision54. Ho apprezzato molto anche la lettura di Zen Golf e Golf is Not a Game of Perfect. Li raccomando caldamente.]

dan
– In your book you state: “Your potential in golf is your best 6 holes in a row”. I believe this statement to be true, but can you provide the source for it?
[Nel tuo libro affermi: “Il tuo potenziale nel golf è rappresentato dalle tue sei migliori buche fatte di fila”. Credo che questa affermazione sia vera, ma puoi fornirne la fonte?]

My source for this quote is from personal experience as well as talking with golf professionals and mental gurus. The idea is that if you can play one hole well then you can play two well and then three and so far until you have a great round under your belt. But, a bit more realistic is the ability to put together 6 solid holes and whatever your best 6 holes combine to score is roughly your potential for a great round when everything is executed as you had planned.
[La mia fonte per questa citazione sono sia l’esperienza personale sia le conversazioni con professionisti di golf e guru della mente. L’idea è che se puoi giocare bene una buca, allora puoi giocarne bene due e poi tre e così via, fino a che hai realizzato un gran giro. Ma un po’ più realistica è la capacità di mettere insieme sei solide buche, e qualunque siano le tue sei migliori buche combinate, quello è all’incirca il tuo potenziale per una grande gara in cui tutto va come avevi previsto.]

– I would like you to spend some words regarding the concept of “priming performance”.
[Vorrei che spendessi qualche parola sul concetto di “priming performance”.]

Priming Performance is crucial to good golf. What priming performance means is that you approach each shot with a positive mental state and image for what you are about to execute. It’s about the power of the mind and how positive self talk leads to good results just as thinking “don’t hit it in the water” often leads to a water ball. Priming Performance builds confidence in what you are about to do and is the best first step to every shot that you approach.
[La priming performance è fondamentale per un buon golf. Priming performance significa affrontare ogni colpo con uno stato mentale positivo e con un’immagine chiara di quello che si sta per eseguire. Si tratta del potere della mente e di come un discorso interno positivo porta a buoni risultati, proprio come il pensiero “non mandarla in acqua” spesso porta a spedire una palla in acqua. La priming performance rinforza la fiducia in ciò che si sta per fare ed è il miglior primo passo per ogni colpo che si sta per affrontare.]

dantheplan
– Which are your major mental and technical issues at the moment?
[Quali sono, al momento, le tue principali difficoltà mentali e tecniche?]

My technical challenge is tee shots. I have been struggling to get my driver going for some time and when I hit that stick well I score well, and vice versa. My mental challenge is to allow myself to hit my tee shots with confidence and positive priming rather than assume that I am going to miss the fairway because that has been the recent pattern.
[La mia sfida tecnica è il colpo di partenza. Sto lottando da un po’ di tempo per avere un buon driver, e quando lo colpisco bene faccio un buon punteggio e viceversa. La mia sfida mentale è quella di permettere a me stesso di fare il colpo di partenza con fiducia e con un atteggiamento positivo, piuttosto che supporre che non prenderò il fairway perché così è andata spesso di recente.]

– Do you think that your quest will be beneficial for the sport science?
[Pensi che il tuo progetto porterà vantaggi alla scienza dello sport?]

Absolutely. A lot of people are following with interest and the research that is coming out of The Dan Plan will help enlighten the learning curve and what is required to transform from zero experience to playing a sport at the highest level. Through my successes and failures the next generation will be able to see what worked and what to avoid and hopefully be able to accelerate the learning process.
[Assolutamente sì. Moltissime persone stanno seguendo con interesse il mio progetto, e la ricerca che sta venendo fuori dal Dan Plan aiuterà a chiarire la curva di apprendimento e ciò che è necessario per passare dal grado zero di esperienza al praticare uno sport ai massimi livelli. Attraverso i miei successi e fallimenti, la prossima generazione sarà in grado di vedere che cosa ha funzionato e cosa evitare e sperabilmente sarà grado di accelerare il processo di apprendimento.]

Riuscirà nel suo intento? Non riuscirà? A mio modo di vedere ciò non è rilevante: importa segnalare che una persona ha buttato il suo cuore al di là dall’ostacolo e farà di tutto per raggiungerlo.

Keep up the good work, Dan.

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Mar 07

Fast Play
Il gioco lento è una spina nel fianco del golf, una delle ragioni che spingono tanti golfisti ad abbandonare questo sport, o quantomeno ad amarlo di meno. (È stato tra l’altro per me uno dei motivi per cui sono passato da socio effettivo a socio campo pratica al mio circolo; e ne parlo ogni tanto su questo blog, per esempio qui e qui.)

Orbene, anche se a volte ci scappa la pazienza, non è che le soluzioni non esistano. Mi sono imbattuto in questo bel libro e ne ho chiesta una copia all’editore allo scopo di prepararne una recensione che uscirà questa primavera su “Golf Today”. L’autore, Sam (o dovrei forse chiamarlo “San”?) Dunn, è stato così gentile da mandarmela. A me il libro è piaciuto, inclusa l’autoironia (“This is his first, and likely last, book”): abbiamo cominciato a conversare via mail e gli ho chiesto se era disponibile per un’intervista, cosa che a me pare utile per contribuire a debellare questa piaga. Lui ha amabilmente accettato, e il nostro colloquio è qui a seguire (tra parentesi la traduzione).

– Could you give three tips that can be of immediate use to everyday golfers in order to accelerate play?
[Puoi fornire tre suggerimenti per accelerare il gioco che siano di applicazione immediata per il golfista normale?]

1. Take no more than 20 seconds to hit your shot from the moment it is your turn to hit.
2. Always watch the flight of all shots, not just your own. This aids greatly in finding lost balls.
3. Always put carts and bags at the rear of the green before putting, so that when you walk off the green the group behind can hit immediately.

[1. Non prendere più di 20 secondi, dal momento in cui tocca a te, per effettuare il colpo.
2. Osserva sempre il volo di tutti i colpi, non solo del tuo. Questo aiuta molto nella ricerca di palle perse.
3. Metti sempre il cart o la sacca nella parte posteriore del green prima di pattare, in modo che non appena lasci il green il gruppo dietro può tirare senza indugi.]

– Do you consider that carts can be useful to speed up play?
[Ritieni che i cart siano utili per accelerare il gioco?]

Carts are not faster than walking unless they are expertly managed. This is because they are inherently inefficient:
1. Carts carry two golfers, and their balls are often on opposite sides of the hole, and it is harder to find balls when you don’t approach them directly.
2. Carts are useless right around the green and there is a lot of confusion about where to park them and when.

[Usare il cart non è garanzia di maggior velocità rispetto al camminare, a meno che esso non sia gestito in maniera corretta. Ciò accade perché i cart sono intrinsecamente inefficienti:
1. I cart trasportano due giocatori, le cui palline si trovano spesso sui lati opposti della buca, ed è più difficile trovare una pallina quando non ti avvicini direttamente.
2. I cart sono inutili attorno al green, e c’è un sacco di confusione su dove e quando parcheggiarli.]

– Do you believe that slow play can be a major cause for golfers to give up the game?
[Ritieni che il gioco lento sia una tra le cause principali per l’abbandono del gioco da parte dei golfisti?]

The true devotee will not give up the game because of slow play, but some who are less committed do quit because of it. And many potential golfers never bother to try golf because they have heard it takes so much time.

[Il vero appassionato non rinuncia al gioco a causa del gioco lento, ma alcuni tra i meno interessati smettono per questo motivo. E molti potenziali golfisti non si prendono nemmeno la briga di provare perché hanno sentito che ci vuole così tanto tempo.]

– Where, in your opinion, the majority of time is lost?
[Dove, secondo te, si perdono le quantità maggiori di tempo?]

Not being ready to hit when your turn comes up, and not hitting out of turn when no one else is ready.

[Nel non essere pronti a tirare quando è il proprio turno e nel non tirare fuori turno quando nessun altro è pronto.]

Sam Dunn

Sam Dunn


– Generally speaking, do you think that a low handicap golfer can be faster that a golfer with a high handicap?
[In generale, pensi che un golfista con un handicap basso sia più veloce di uno con un handicap più alto?]

Yes, simply because he hits fewer shots he can be faster. But often he isn’t because of bad habits.

[Sì, semplicemente perché tira meno colpi è più veloce. Ma spesso non lo è a causa di cattive abitudini.]

– What do you think that golf clubs can do in order to solve (or at least mitigate) the problem?
[Che cosa pensi possano fare i circoli per risolvere (o almeno attenuare) il problema?]

Set tee times at 10 minute intervals. Have multiple tee placements so everyone can play the right distance. Set up the course to play shorter in bad weather. Monitor play carefully and don’t tolerate groups to hold others up.

[Stabilire le partenze con intervalli di 10 minuti. Avere tee differenti, in maniera che tutti possano giocare dalla giusta distanza. Rendere il campo più corto in caso di maltempo. Monitorare il gioco con attenzione e non tollerare i gruppi lenti.]

– Finally: do you feel that your book has been useful in this respect?
[Infine: ritieni che il tuo libro sia stato utile a questo proposito?]

For those who have taken the time to read it, yes. But what I have found is that almost NO ONE thinks they are slow. They see the book and think that its a great idea, but automatically assume they don’t need it. Denial is a big problem!

[Per coloro che hanno investito del tempo per leggerlo, sì. Ma ho scoperto che quasi NESSUNO ritiene di essere lento. Costoro vedono il libro e pensano che sia un’ottima idea, ma automaticamente presumono di non averne bisogno. Il rifiuto è un grosso problema!]

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Dic 14


Marta Cagnacci, giovane professionista di golf dal brillante futuro nel campo dell’insegnamento (una mia intervista a lei è qui), ha appena concluso il percorso che le ha fatto ottenere la qualifica di maestro. Io, curioso come un gatto di storie di golf, ne ho subito approfittato per saperne di più. Le ho chiesto intanto di che cosa si tratta.

Il percorso per diventare maestro di golf dura cinque anni. Il primo anno c’è la preselezione pratica (che ho fatto nel 2008); nel 2009 ho seguito per quattro mesi il corso di formazione per tirocinanti, nel 2010 il corso di formazione per assistenti B, nel 2011 lo stesso per assistente A e quest’anno ho concluso il percorso ottenendo la qualifica di maestro.

Come si sono svolte queste giornate romane?

Il corso è durato dieci giorni, siamo stati sempre in classe, otto ore! Abbiamo seguito diverse materie: psicologia, clubfitting, regole, greenkeeping, preparazione atletica ma la maggior parte delle ore è stata dedicata (ovviamente!) alla tecnica del golf.
Durante le lezioni di tecnica abbiamo presentato le nostre tesi, analizzato uno swing con il supporto di una nuova tecnologia, il K-VEST, e infine abbiamo discusso le recenti novità in merito all’analisi biomeccanica tridimensionale dello swing. L’ultimo giorno abbiamo sostenuto un esame orale in campo pratica con i nostri professori di tecnica Piero Sabellico e Filippo Barbè.

Qualche parola, allora, sul K-VEST. Può essere utile per un tuo allievo?

Il K-VEST é una specie di imbracatura con tre sensori (sul guanto, tra le scapole e sull’osso sacro) che rivelano la posizione statica all’address e la posizione del corpo durante lo swing. In base ad un range di parametri dei giocatori del tour, sul computer si riesce a vedere se ci sono posizioni del corpo non corrette, e se sì quali sono. Ad esempio: se sei troppo piegato con la schiena all’address, i sensori ti segnalano il busto in rosso e tu, guardando l’omino che il computer riproduce, provi a raddrizzare la schiena finché il busto non diventa verde. Così per tutte le posizioni dello swing.
Oltre che ad un’analisi tecnica, il K-VEST permette anche di analizzare la tua preparazione atletica in base a degli esercizi propedeutici per il golf suggeriti dal Titleist Performance Institute. Con lo stesso metodo della correzione dello swing, ti aiuta anche nel training atletico e quindi nella correzione di errori fisici che portano sempre a degli scompensi nello swing.
Personalmente lo ritengo uno strumento utile (senza dimenticare che la macchina, da sola, non è sufficiente: dietro alla macchina ci deve essere l’uomo che sa come e cosa leggere), però solo per giocatori di altissimo livello. Il target medio degli allievi che si possono avere all’interno di un circolo non può trarne particolari benefici… Per riprendere l’esempio di cui sopra, se il mio giocatore ha problemi alle ginocchia e non può piegarle, sarà costretto a piegare di più il busto. Risultato: l’omino K-VEST sarà sempre tutto rosso e il mio allievo potrebbe scoraggiarsi! Questi macchinari, come le riviste o tutto ciò che racconta lo swing perfetto, non hanno – secondo il mio modestissimo parere – la capacità di adattare i parametri per produrre uno swing efficace rispetto alle caratteristiche degli amatori.

Puoi approfondire anche il discorso relativo all’analisi biomeccanica tridimensionale dello swing?

In estrema sintesi: è stato scoperto che la posizione della faccia del bastone non influenza solo la curvatura finale del volo della palla, ma anche la direzione iniziale. Nello swing, la posizione della faccia del bastone all’impatto è rilevante per l’85%, e il restante 15% continua a dipendere dalla traiettoria della testa del bastone. Per la buona riuscita del colpo sono stati presi in considerazione altri fattori, già importanti ma oggi più significativi, come l’angolo d’attacco, il punto di contatto, la discordanza tra traiettoria della testa del bastone e posizione della faccia del bastone, la posizione della palla eccetera.

Come giudichi nel complesso questa esperienza?

Il percorso di formazione per maestri è completo, stimolante e non ha niente da invidiare ad altre federazioni o PGA del mondo! Lo trovo quindi molto interessante e molto utile: l’appuntamento annuale per i primi quattro anni è sempre stata occasione di confronto con i colleghi, di scambio di opinioni, di aggiornamento. E una volta terminato il percorso, ogni maestro può continuare ad aggiornarsi seguendo i seminari annuali organizzati dalla PGA italiana.

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Set 21


Per la prima volta nella sua storia “Golf Digest”, la rivista più importante a livello mondiale nel campo del golf, dedica una copertina ad un italiano. L’italiano in questione è – ça va sans dire – Matteo Manassero.

Gli aveva già dedicato sette [sic] pagine un anno e mezzo fa, e un paio d’anni prima (vado a memoria) una pagina ai fratelli Molinari.

Ma Manassero è molto giovane, è simpatico e brillante, “buca lo schermo” per così dire: impressionante, tra l’altro, il numero dei marchi esposti nella foto di copertina. È un fenomeno comune, per carità: però certe volte viene da chiedersi dove finisca l’informazione e dove cominci il marketing, e se una separazione netta esiste davvero.

Ad ogni modo la copertina introduce l’analisi dello swing di Matteo fatta da Alberto Binaghi, il suo coach. E già che siamo su Binaghi, segnalo questa simpatica intervista fattagli durante il recente Open d’Italia. Alla domanda del giornalista (“E Alberto Binaghi quando torna a giocare l’Open?”), la sua risposta è un concentrato di presenza di spirito, simpatia, determinazione e forza mentale:

L’Open d’Italia? Quello purtroppo mai più. Giocherò l’Open d’Italia senior, probabilmente – e lo vincerò.

Insomma Golf Digest o meno, il Matteo nazionale è in buone mani.

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Mag 25


Questo è un libro molto interessante per il golfista seriamente intenzionato a migliorare il proprio gioco. L’ho letto e riletto con molta attenzione, ne ho ricavato indicazioni illuminanti per la mia pratica. È un libro che ha del valore, pur non essendo facile, nel senso che va meditato e digerito e ciò richiede tempo.

Ne ho scritto una recensione su “Golf Today” di questo mese. E sono entrato in contatto con l’autore, Mark Guadagnoli. Ci siamo scambiati delle mail, ne è uscita fuori una conversazione sotto forma di intervista che pubblico qui a seguire. Mark mi aveva scritto:

One of the important topics to me is that most people think that the problem with the game is the way they play but in fact it is the way they practice.
[Uno dei punti nodali per me è il fatto che la maggior parte delle persone pensa che il suo problema con il gioco sia la maniera in cui gioca, mentre in realtà è la maniera in cui pratica.]

Già, i problemi sono rintracciabili (e di conseguenza risolvibili) in campo pratica. Il suo libro parla di questo, della spaced practice e di concetti sui quali dovremmo riflettere di più. Ma spesso non lo facciamo, impegnati come siamo a colpire una pallina dopo l’altra, nella convinzione – un vero e proprio tunnel mentale – che tirare palline senza sosta ci porti del beneficio; mentre il beneficio reale deriva dal pensiero che accompagna i colpi.

Rilassati, ragazzo. C’è ancora speranza. Intanto ecco qui il succo dei nostri conversari.

– How is your Italian?
[Com’è il tuo grado di conoscenza dell’italiano?]

Non va bene! But I am trying to learn. I love Italy and one of my goals is to speak the language and spend time cooking in the country.
[Non va bene! Ma sto cercando di imparare. Amo l’Italia e uno dei miei obiettivi è quello di parlare la lingua e trascorrere del tempo a cucinare nel vostro paese.]

– Where and how did you get the idea of the book?
[Dove e come hai avuto l’idea del libro?]

When one of the UNLV golfers (Ryan Moore) was in college we had weekly sessions where we would talk about ways for him to get better and he would tell me his perspective of how he thinks on the course and with practice. A few years after Ryan turned pro I finished the book.
[Quando uno dei golfisti dell’UNLV (Ryan Moore) era all’università abbiamo svolto delle sedute con cadenza settimanale in cui parlavamo delle maniere con cui avrebbe potuto migliorare, e lui mi esponeva la sua prospettiva di come pensa sul campo e durante la pratica. Pochi anni dopo che Ryan è diventato professionista io ho finito il libro.]

– You say that in order to become a better golfer you must learn to learn. How?
[Tu dici che per diventare un golfista migliore devi imparare a imparare. Come?]

The most basic idea is that you have to be willing to challenge yourself during practice. This means that you have to make a choice: Are you be more committed to looking good now or being great in the future? So many players practice what they are good at instead of challenging themselves during practice. This is not only in golf but in life as well. The book explains the mindset of achieving greatness and specific ways to do this.
[L’idea di base è che bisogna essere disposti a sfidare se stessi durante la pratica. Ciò significa che si deve fare una scelta: è preferibile per te apparire bravo adesso oppure essere un grande in futuro? Troppi giocatori praticano ciò che già sanno fare bene invece di sfidare se stessi durante la pratica. E questo non accade solo nel golf ma anche nella vita. Il libro spiega l’atteggiamento mentale necessario per raggiungere l’eccellenza e illustra i modi specifici per farlo.]


– One of the most interesting concepts of the book is spaced practice. Could you elaborate a bit about it?
[Uno dei concetti più interessanti del libro è la “pratica distanziata”. Puoi dire due parole al riguardo?]

The simplest thing you can do on the range is to watch the ball for as long as you can before you get a second ball to hit. Amateurs almost always hit balls too fast and it builds bad habits and restricts learning. Learning is a change in the brain’s biology and this takes time. Maybe a few seconds or a few minutes or a few hours but it takes time. Hitting one ball right after another speeds up tempo and doesn’t give your brain time to digest the information.
[La cosa più semplice che si può fare in campo pratica è quella di guardare la palla il più a lungo possibile prima di prendere una seconda palla da colpire. I dilettanti colpiscono quasi sempre la palla troppo velocemente: ciò dà vita a cattive abitudini e limita l’apprendimento. L’apprendimento è un cambiamento nella biologia del cervello e questo richiede tempo. Forse pochi secondi o pochi minuti o poche ore, ma comunque ci vuole tempo. Colpire una palla dopo l’altra manda fuori ritmo e non dà il tempo al cervello di elaborare le informazioni.]

– I would like you to elaborate on another important concept of the book – the goals you set for yourself and the process you use to reach them.
[Vorrei che approfondissi un altro concetto importante del libro: gli obiettivi che ti dai per te stesso e il processo utilizzato per raggiungerli.]

To me, goals set a destination, a destination to reach. Everything you do either moves you toward or away from that goal. Once I started playing golf in my mid-30s I had a goal to have a single digit handicap. My first registered handicap was 18 and a few years later I was a 4. I used the principles in the book most of the time. Sometimes I got lazy and didn’t practice the way I knew would work. When that happened I stopped getting better and it reminded me that the way I practice is either helping me toward my goal or moving me away from the goal.
[Per me, gli obiettivi stabiliscono una destinazione, una meta da raggiungere. Tutto ciò che fai ti avvicina oppure ti allontana da questo obiettivo. Quando ho iniziato a giocare a golf, intorno ai 35 anni, il mio obiettivo era di avere un handicap a una cifra. Il mio primo handicap registrato è stato 18, e qualche anno dopo ero 4. La maggior parte delle volte ho utilizzato i principi che espongo nel libro. A volte sono stato pigro e non praticavo nella maniera che sapevo corretta. Quando questo succedeva smettevo di migliorare, e ciò mi ricordava che la maniera con cui pratico o mi porta verso il mio obiettivo oppure mi allontana da esso.]

– What about your personal golf?
[Due parole sul tuo golf.]

I love golf! It is more than a game to me. It is a challenge. It is meditation, and like everybody else I want to be better than I am. Because I work with players so much and have other business and personal obligations I don’t play much but when I do I appreciate it deeply.
[Io amo il golf! Si tratta di più di un gioco per me. Si tratta di una sfida. È meditazione, e come tutti gli altri voglio migliorare. Dal momento che lavoro tanto con i giocatori e ho altre attività e obblighi personali non gioco molto, ma quando lo faccio lo apprezzo profondamente.]

– Your future plans regarding the teaching of golf.
[I tuoi piani futuri quanto riguarda l’insegnamento del golf.]

I teach because I love it. When opportunities arise that make sense I will take then but teaching golf is not what I do full time. When I do take on new clients it is always a very unique situation.
[Io insegno perché mi piace. Quando si presentano delle opportunità le colgo, ma l’insegnamento del golf non è quello che faccio a tempo pieno. Ciascun nuovo cliente è sempre un caso assolutamente unico.]

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Feb 10


Ho conosciuto Lorenzo Guanti, giovane golfista di sicuro avvenire, durante la prova campo della gara federale di Sanremo di un paio di settimane fa che ho avuto l’onore di fare con lui. Gara che poi – ma forse è un dettaglio – ha vinto con un giro in 65, contestualmente vedendo scendere il suo handicap da +0,9 a +1,6 [sic]. Mi hanno impressionato la sua mente precisa e analitica, la maniera in cui ha affrontato un percorso che non vedeva da due anni (e in due anni la sua lunghezza è cambiata totalmente, per cui era di fatto un percorso nuovo per lui), le doti di team leader che ha dimostrato verso i suoi compagni (altri giovani golfisti della Margherita, anch’essi di sicuro avvenire – e campioni d’Italia, tra le altre cose).

Due parole sui risultati ottenuti fino ad ora (certamente inferiori rispetto al suo potenziale): secondo posto al Trofeo Umberto Agnelli al Royal Park nel 2010, anno in cui ha anche partecipato ai campionati europei a squadre Boys (secondi classificati), e vittoria lo scorso ottobre al Trofeo Glauco Lolli Ghetti a Margara. Da non dimenticare che, con i compagni Edoardo Aloi, Luigi Botta, Alessandro Catto e Ludovico Righetto ha vinto nel 2011 i campionati assoluti a squadre per circoli.

Ho anche apprezzato la semplicità di un ragazzo come tanti. Gli ho chiesto un’intervista, la cui trascrizione è qui a seguire.

Cominciamo da Sanremo. Io sono rimasto colpito dalla precisione con cui disegnavi le buche sulla mappa, prendevi le distanze, misuravi i green: mi parli di come affronti i percorsi che non conosci durante la prova campo?
Sanremo era una gara per me importante: intanto perché era la prima dell’anno, e poi perché volevo ritornare a giocare con una voglia che avevo un po’ perso l’anno precedente. Quindi volevo affrontarla bene.
Mappare il campo è un’abitudine che abbiamo appreso con la Nazionale, abbiamo capito quant’è importante preparare bene il campo, sapere dove puoi sbagliare, dove non devi andare, le pendenze eccetera, perché questo ti permette di risparmiare anche quei 4-5 colpi che ti possono cambiare un giro. Soprattutto conoscere i green è essenziale, e in particolare in un campo tecnico come Sanremo.
Io caratterialmente sono molto metodico, quando voglio fare una cosa e voglio farla bene ci metto tutto me stesso, lo faccio con passione, mi diverto anche se è faticoso.

Mi racconti invece il 65 del giorno dopo?
È stato un giro molto divertente. Sono partito in maniera drammatica dalla 4 con par – doppio – bogey. Poi mi sono risvegliato un pochino con la 7, il par 4 corto; ma è stato strano perché ho tirato un legno al green – non un drive perché non è una buca lunga – e sono finito alla destra del green, nel boschetto. Da lì ho giocato un colpo contro la sponda a saltare il bunker: l’ho messa a un metro e ho fatto birdie. Da quel momento è iniziata una fase in cui mi sembrava di poter fare qualunque cosa: ho fatto par alla buca dopo (il par 4 lungo), birdie alla 9, alla 10 e alla 11 (imbucando l’approccio da dietro al green). Poi par alla 12, birdie alla 13 tirando un ferro 6 dal tee (il drive era fuori questione perché pioveva e non si sarebbe potuto raggiungere). Alla 14 ho tirato un colpaccio e sono finito a sinistra in mezzo agli ulivi, l’ho tirata fuori col secondo e ho fatto bogey (ed è andata bene così); poi birdie alla 15 e alle 16 (imbucando un putt da inizio green che mi ha regalato sensazioni quasi magiche), par alla 17 e alla 18 (con 3 putt), alla 1 e alla 2. La 3, l’ultima buca, è stata la più strana: ero -3 sul tee e ho pensato ‘tiro al green col drive’, perché pioveva (col drive normalmente andrei lungo perché sono 230 metri a inizio green). Non ho tenuto conto del fatto che avevo le mani fradice… e appena ho toccato la palla mi si è chiuso il bastone: ho preso la prima pianta sulla sinistra e la palla mi è finita nel TR davanti ai battitori, quindi avrò fatto 10 metri. Ho droppato nella zona di droppaggio, e da lì con un legno ho preso le piante a difesa del green per finire nei battitori delle donne della 4, che è a 40 metri alla sinistra dei green; Maccario, che giocava con me, da 80 metri ha fatto 2. È andato lì, ha tolto la palla e io da 40 metri ho imbucato!
È stata una giornata divertente, ho imbucato tanto. Ho preso 11 green su 18, che non sono tanti, ma ho fatto 24 putt – quelli che cambiano un giro.

Mi hai detto che passare professionista non è tra i tuoi piani attuali. Perché?
Finché non sono entrato in Nazionale diventare professionista era il mio sogno, perché la scuola non era la mia passione e giocare a golf mi divertiva un sacco. Dopo di che ho perso un anno scolastico, in quarta liceo, perché sono entrato in Nazionale e ho fatto qualunque gara possibile ci fosse in giro – all’estero soprattutto. Inoltre da quel momento in poi è subentrata un po’ di pressione, mi sono creato delle aspettative che non sono riuscito a mantenere e che mi hanno portato ad un crollo psicologico, nel senso che mi allenavo tanto, giocavo bene ma non riuscivo a dimostrarlo: quando andavo a fare le prove campo avevo una media score che era sempre di -3/-4 e in gara però non riuscivo a rendere. In più mi immaginavo professionista e non mi sentivo tanto a mio agio. Allora ho perso parecchia voglia di giocare; ma poi mi sono tolto alcune paure e sensazioni negative che avevo avuto durante l’anno, il quadro complessivo è migliorato.
Adesso non so: è possibile che a settembre/ottobre decida di andare a fare i giri, però è una cosa che valuterò sul momento perché vorrei andare all’università e magari fare un anno da dilettante però giocando qualche gara all’estero e qualche tappa italiana dell’Alps tour… fare un po’ di gavetta insomma. Ma è tutto da valutare sul momento, perché se hai un buon gioco in un dato momento conviene lanciarsi, non perdere l’attimo, altrimenti ad aspettare si rischia che quell’attimo svanisca. Un passo alla volta quindi.

Hai iniziato ai Ciliegi. Come ti sei avvicinato al golf?
È abbastanza ironico: ho cominciato in giardino con palline da ping pong grazie al socio di mio padre che è un appassionato di golf. Ho fatto poi qualche lezione con Luzi ai Ciliegi: alla seconda lezione tiravo già il legno – quello proprio di legno come si usavano un tempo – a 130 metri. Da lì ho fatto qualche lezione alla Margherita e poi mi sono iscritto a Grugliasco, per vedere se questa cosa poteva avere un seguito. C’è stata un’estate in cui io mi facevo portare da mio padre alle 8.30, quando il circolo doveva ancora aprire, e uscivo quando faceva buio; tranne il martedì in cui il campo pratica era illuminato fino alle 11, e io passavo 15 ore al golf. C’è stata un giorno in cui ho tirato 21 gettoni [567 palline] e ho fatto 9 buche. Se lo penso adesso impazzisco perché non riuscirei a giocare così tanto; ma all’epoca semplicemente andavo lì e praticavo – anche da solo.

E come sono gli allenamenti oggi?
Quando ho iniziato a giocare a golf ho passato tantissimo tempo in palestra, e questo mi ha permesso di formare il mio fisico in maniera ottima: devo a questo la mia caratteristica di tirare colpi decisamente lunghi.
Quando il mio gioco ha cominciato ad essere regolare il mio problema era dai cento metri in giù: in quel settore di gioco facevo delle cose terribili e perdevo una quantità incredibile di colpi. Allora ho dedicato tanto tempo ad allenarmi sul gioco corto, cercare non solo di migliorare ma anche di togliermi le paure che avevo dentro di me. Ora non ho più paura di tirare un colpo da 100 metri e qualche volta faccio birdie: questo cambia completamente lo scenario.

Be’, ad esempio una cosa che mi ha colpito durante la nostra prova campo è successa alla 9, dove tu hai portato su le braccia nel backswing dicendo “questo è un colpo da 85 metri”, e poi portandole leggermente più in su hai detto “questo è un colpo da 90”. Per te sarà normale…
No, non è normale: nel senso che io mi sono sempre affidato al feeling, cercando di avere sempre la stessa velocità di attraversamento e cambiando solo la lunghezza per variare la distanza. Ma questo non bastava, e l’anno scorso ho fatto un grosso lavoro col mio maestro Elena Polloni, che mi ha permesso di memorizzare le varie distanze fatte con un dato wedge portato ad una determinata altezza, ancorando una determinata posizione ad una precisa sensazione. Risultato: tra gli 80 e i 100 metri la mia palla picchia sempre nello stesso posto, e soprattutto questo mi evita di fare scatti col corpo, perché quando arrivo nel punto desiderato so che posso girarmi sapendo già dove va la pallina.
Questo colpo ti fa fare birdie ai par 5, ti fa recuperare il par ad un par 4 dove sei andato storto col tee shot… può fare la differenza. E poi in me era un punto debole; oggi faccio fatica ogni tanto perché ho ancora un po’ di paura, però gli errori sono relativamente minimi; mentre io da 90 metri mancavo anche i green, il che ti demoralizza e ti fa arrabbiare.

Questo lavoro è stato fatto soprattutto in campo o in campo pratica?
In campo, assolutamente. Intanto perché devi usare delle palline buone, per vedere la reazione quando atterrano, e poi soprattutto perché i colpi devono essere variati. Quindi devi allenarli tanto in campo quando sei tranquillo, e poi portarli in gara: e questa è la cosa più difficile, perché la testa quando sei in gara recupera quelle sensazioni – gli ancoraggi – relative a colpi magari sbagliati fatti in passato. E quindi l’obiettivo è di togliere quelle sensazioni negative e sostituirle con quelle su cui hai lavorato. È per questo motivo che tirare 50 palline da 50 metri in campo pratica non serve a molto: perché poi magari vai in campo e fai lo stesso colpo che facevi prima. Invece quel che è utile è andare a 40 metri e tirare un palla, poi a 75 e tirarne un’altra, poi a 50 un’altra e così via. Così hai una sensazione pulita e ogni volta alleni la mente a memorizzare e fare i calcoli. Sono metodi di allenamento più noiosi forse, però rendono molto di più: perché uno quando è in campo pratica e vede che un colpo non funziona tende a ripeterlo all’infinito, ma non necessariamente questo porta risultati in campo; mentre bisogna staccare dopo ogni colpo, variare. E quando non si può andare in campo un buon metodo è giocare un percorso nella propria mente: tiri un drive come se fossi ad un determinata buca di un campo che conosci, col fade, col draw, con ciò che è richiesto da quel colpo, poi immagini dove è andata la palla, fairway, rough eccetera, da lì tiri il secondo e così via: anche in questa maniera puoi allenare le distanze. E poi passare la maggior parte del tempo agli approcci: quello fa la differenza.

Come si svolgono, in pratica, i tuoi allenamenti alla Margherita? Con che frequenza ti alleni, per quanto tempo? Col maestro o senza? Hai una sequenza particolare di bastoni?
I miei allenamenti non sono molto frequenti. Dedico il giovedì pomeriggio alla lezione con il mio maestro anche perché uscendo alle 14 da scuola il tempo di luce rimanente è quel che è! Quindi faccio un ora di lezione in base alle necessità del momento, dedicandomi in genere in piccolissima parte alla tecnica e ormai sempre più concentrandomi sull’aspetto mentale; dopodiché quando riesco vado a fare qualche buca in campo. Se invece la lezione è stata più impegnativa del solito mi fermo in campo pratica per cercare di fare mie le sensazioni appena trovate.
Oltre al giovedì mi alleno il sabato e la domenica, cercando di fare entrambi i giorni almeno 9 buche la mattina con gli altri ragazzi e poi suddividendo il lavoro al pomeriggio in base a ciò che occorre tra putting green, zona approcci, campo pratica e campo. Ci sono diversi esercizi che si possono fare nella zona dedicata al gioco corto e reputo questa parte veramente necessaria se si vogliono ottenere dei risultati significativi. Il consiglio che posso dare è di praticare ogni genere di colpo rendendo la pratica varia e divertente con tutti i bastoni, tirando colpi particolari piuttosto che la solita pratica monotona dove il corpo ormai si muove in automatico e la mente va in pausa.

Come si svolge un tipico ritiro della Nazionale?
Ne facciamo uno al mese nel periodo invernale, quando come adesso c’è la neve e in tante regioni non si riesce a giocare. L’ultimo è stato al San Domenico a inizio anno ed è durato cinque giorni. Tipicamente ci svegliamo presto (6.30-7) e facciamo riscaldamento in campo pratica al mattino – a volte prima di colazione e a volte dopo. Questi due diversi tipi di riscaldamento dipendono dall’orario di partenza in una giornata di gara: quando si ha una partenza al mattino presto diventa difficile fare un lungo riscaldamento, allora si fanno esercizi leggermente differenti da quelli che si farebbero nel caso in cui ci si possa svegliare per tempo, fare riscaldamento, doccia, colazione e poi campo pratica. Una cosa è comunque sicura: senza riscaldamento si rischiano infortuni muscolari e diventa difficile esprimere al meglio il proprio gioco. Per questo motivo durante i ritiri ci abituiamo a effettuarli entrambi: anche perché un lungo allenamento è necessario per interiorizzare qualunque movimento.
Nei primi giorni ci si divide in gruppi e si fa un’ora in putting green, un’ora agli approcci e un’ora in campo pratica: girando passa tutta la mattina. Al pomeriggio si fanno 18 buche e poi si torna in campo pratica. Negli ultimi giorni, dato che questi ritiri servono anche a vedere chi mandare alle gare all’estero, facciamo 2/3 giri di 18 buche in cui il riscaldamento è lasciato a noi in base alla nostra routine: quindi si va in campo alle 8.30, si fanno 18 buche con lo score (uno dei giorni si dedica a fare la mappetta se il campo è sconosciuto, e senza i laser proprio per questo motivo); al pomeriggio si lavora in campo pratica.
Poi ci sono vari test, come il SAM PuttLab, che è una’analisi sul putt per vedere la ripetitività del colpo, la velocità, il ritmo eccetera. Sempre in questo periodo facciamo anche il fitting per i bastoni.
Ogni fine giornata c’è il defaticamento con il preparatore atletico; ci sono poi test fisici per vedere il miglioramento; abbiamo vari dottori, il fisioterapista, il dietologo. Da quest’anno abbiamo iniziato a fare anche mental coaching, utilizzando la PNL e altre tecniche per la mente che ti possono aiutare in gara – ciò che per me ha fatto la differenza e mi ha cambiato il livello di gioco, perché tecnicamente non avevo grandi problemi ma avevo la pressione del dover ottenere risultati, e a quel punto ovviamente entra in gioco la testa.

Fatto 100 il totale, come divideresti l’importanza della parte tecnica, di quella atletica e di quella mentale nel golf?
Raggiunto il livello scratch la tecnica conta solo fino ad un certo punto, e lo si vede anche dai professionisti che giocano sul tour: non tutti hanno uno swing perfetto, se non in determinate posizioni come al momento dell’attraversamento della palla. Secondo me il fisico conta per il 40%: la resistenza è importantissima, anche perché influisce sulla mente. La testa conta per il 35-40%, e ciò che resta è dato dalla tecnica.

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