Ott 04

Ho fatto qualche giorno fa qualche buca in compagnia di un handicap 54, e non è stata un’esperienza positiva. Non per lo swing tutt’altro che impeccabile della persona, né per il fatto che il risultato dei colpi fosse casuale, cose perfettamente comprensibili in qualcuno che inizia; ma per la mancanza di conoscenza delle regole più elementari di etichetta. Un paio di episodi mi hanno colpito sopra tutti: il bunker non rastrellato e le linee sul green calpestate.

Una parola sul primo caso, che considero più grave in quanto costituisce mancanza di rispetto sia verso il campo che verso i compagni che verso gli altri giocatori: purtroppo capita in maniera ahimè troppo frequente. (Mi si perdoni il paragone irriverente: rastrellare un bunker, che sia di percorso, di un green o di pratica, equivale a tirare l’acqua dopo aver usato il gabinetto.)

Mi sono fatto scrupolo di far sapere alla persona che avrebbe dovuto rastrellare il bunker, anche se temo che osservazioni del genere portino a crearsi dei nemici senza offrire un reale beneficio, perché il nostro ego in questi casi è pronto ad entrare in campo senza indugi, e mi chiedo dunque che cosa capiterà la volta successiva: la persona si renderà conto che l’etichetta è qualcosa di necessario, oppure si sentirà offesa e per questo in diritto di continuare a sbagliare? Ma io voglio bene al golf e considero le regole importanti al fine di ottenere soddisfazione nel gioco stesso.

A mio avviso il problema non è non conoscere le regole: è non avere idea che questa mancata conoscenza può provocare danni al campo, che vanno evitati il più possibile per garantire a tutti un’esperienza di gioco ottimale. E qui si aprirebbe un discorso relativo ai circoli, che tramite i maestri dovrebbero essere responsabili di mandare in campo persone con un minimo di conoscenza dell’etichetta, e magari dell’umiltà necessaria per imparare ciò che non si sa. (Nei miei primi mesi di golf andavo in campo alle 7:30 di mattina perché nessuno vedesse i miei colpi orribili di army golf, e ancora oggi appena qualcuno si avvicina troppo sento un fremito di responsabilità personale nel non andare abbastanza veloce.) Discorso che però subito si allargherebbe alle difficoltà economiche dei circoli stessi… un problema di non facile soluzione, in un mondo che ha – e questo lo capisce anche un purista come me – incertezze ben più grandi di questa.

Ad ogni modo ho pensato a una possibile soluzione. L’anno scorso avevo compilato un breve vademecum per il golfista esordiente, che si trova qui. È una lista di regole di etichetta che dovrebbero apparire elementari (l’etichetta non è altro che buon senso applicato), ma che purtroppo troppo spesso non lo sono. Questo vademecum è una goccia nel mare, ma è una mia risposta a situazioni disorientanti come quella di qualche giorno fa.

Lug 19

Io mi ritengo un giocatore corretto – mi presento sempre in campo con l’abbigliamento adeguato, riparo tutti i miei pitch mark e sempre qualcuno di più, saluto tutti coloro che incontro (conosciuti e non) e così via. Lunedì scorso, però, mi è capitato l’ennesimo episodio per cui evidentemente un mio dato comportamento dà fastidio.

Ero a Torre dei Ronchi, il campo era pressoché deserto, e io – dato che questo campo non presentava nessuna sfida per me, nessun ostacolo, nulla di nulla – ho giocato in diverse buche due o tre palle, ho fatto diversi putt e soprattutto tantissimi approccini dai 10-15-20 metri.

Questo ha però dato fastidio, perché ad un certo punto un socio, incaricato dalla segretaria, mi ha detto – in maniera molto garbata e gentile – di giocare una palla sola.

Appena me lo ha detto io, che non volevo fare polemica con nessuno, mi sono trasferito in campo pratica. Però un paio di considerazioni vorrei farle.

La prima è questa: il problema non è tanto che io faccia danni al campo (perché effettivamente non ne facevo), ma è piuttosto una questione di invidia, ovvero ma perché quello può fare così e io no?

La seconda considerazione è una domanda che faccio a tutti i segretari di circolo, e chi vorrà dire la sua sarà il benvenuto: perché un golfista, diciamo così, bravino non ha diritto di fare una prova campo, ovvero di provare più di un colpo, e dovrebbe invece giocare solo una palla, quando questo non arreca nessun danno di nessun tipo né al campo né al circolo né a chi segue (perché io faccio ben attenzione che non ci sia nessuno dietro di me – e questa è un’abitudine che ho preso agli inizi, quando mi vergognavo che mi vedessero giocare all’army golf)?

(Mi viene in mente l’inizio del film La leggenda di Bagger Vance in cui il protagonista, ormai anziano e a cui viene un infarto sul campo, rievoca i momenti in cui, ragazzetto, scavalcava le recinzioni e sfidava le possibili ire dei soci pur di tirare qualche vero colpo in un vero campo. Non è vero golf, questo?)

Ecco, queste cose io nei campi, a partire dal mio, le faccio. So che non sono tanto tollerate, capisco più o meno il punto di vista di chi non le tollera, però penso anche che per diventare bravi questi passi siano necessari. Insomma per me il golf è divertimento, certo; ma è anche impegno, serietà, dedizione, miglioramento, superamento dei limiti eccetera. E in virtù di queste considerazioni non mi sento in colpa per questo comportamento, anche se so che è ai limiti del consentito: quando non faccio danno né al campo né a nessuno che è sul campo, vorrei avere la libertà di giocare due palle, di giocare tre palle, di riprovare i putt e così via – di fare insomma quello che si fa in una normalissima prova campo.

Questo non per darmi importanza, ma perché io il golf lo intendo in questa maniera, e penso che sia peggio – molto, molto peggio – fare aspettare chi sta dietro di te senza dare il passo piuttosto che non tirare due palle.

Essendo fatto in buona fede, e con assoluto amore verso questo sport, e rispetto per tutte le persone, sia che nel golf ci lavorino ovvero che ne traggano divertimento, credo che questo dovrebbe essere consentito – tollerato, via –; e allora mi piacerebbe che qualcuno “dall’altra parte” mi spiegasse il suo punto di vista.

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Nov 30

Dunque, iniziamo dai fatti.

Le principali novità per il prossimo anno a riguardo del golf italiano dilettantistico sono due: l’aumento del costo della tessera federale da 75 a 95 euro e la possibilità di eliminare la virgola per i giocatori con handicap superiore a 11,4 (juniores esclusi).

Costo della tessera federale

Sul primo punto si potrebbe anche essere d’accordo (sono tempi difficili per tutti), sebbene la comunicazione andrebbe curata meglio: il 17 ottobre infatti, un comunicato della Federgolf spiegava che:

Per quanto riguarda le quote di affiliazione, aggregazione e tesseramento 2013, sono state confermate quelle già in vigore quest’anno.

E tuttavia, qualche giorno dopo Franco Chimenti, presidente della nostra Federazione, invia una lettera ai presidenti di circolo (si può leggere qui), dove dice che, per via del fatto che il title sponsor del nostro open non ha rinnovato la sponsorizzazione per l’edizione 2013, ritiene

indispensabile chiedere ai nostri iscritti adulti un contributo straordinario di 20 euro a testa, espressamente destinato al finanziamento dell’Open, da versare insieme al tesseramento 2013.

Questa mossa può essere letta come quasi obbligata, quasi a dire che andava fatta per salvare il salvabile. Ma allo stesso tempo appare chiaro che l’ottica è di breve periodo: si dimenticano gli investimenti, si dimentica lo sviluppo del nostro sport e non si pone l’accento sui nuovi potenziali golfisti che l’Italia potrebbe avere. E lasciamo stare gli Stati Uniti o l’Inghilterra, ma se pensiamo ai 400mila golfisti francesi o ai 600mila tedeschi (vado a memoria, ma l’ordine di grandezza è quello), e aggiungiamo a questo le prodezze dei golfisti di casa nostra, non possiamo non concludere che il potenziale c’è, e come – non è facile percorrerla, d’accordo, ma la strada esiste.

Insomma 20 euro non sono nulla, e risolvono un problema per il 2013; ma cosa accadrà nel 2014? Nel 2015? Negli anni a venire?

Virgola

E veniamo alla virgola. Anche se il sistema non è ancora stato messo a punto nei dettagli, in pratica qualunque golfista maggiorenne con handicap superiore a 11,4 potrà, all’atto della riconsegna dello score, evitare di prendere la famigerata e odiata virgola semplicemente esprimendo la sua volontà (forse scrivendo NR sullo score: così sostiene Andrea Ronchi su “Golf & Turismo” di novembre).

Sempre il nostro presidente nella medesima lettera ha scritto:

A partire dal 2013, inoltre, verrà ripristinato il sistema in vigore prima dell’adozione dell’Handicap EGA, in base a cui i giocatori che in caso di risultato negativo non desiderano “prendere la virgola” potranno indicarlo sullo “score” prima della consegna.

Antonio Burzio, che è l’autore dell’articolo e colui che ha riportato la lettera per intero, così commenta:

Una volta che si concorda sul fatto che l’handicap sia il primo strumento per poter giocare alla pari con giocatori oggettivamente più forti/deboli di noi, va da se che tale handicap debba aggiornarsi in modo coerente con le capacità del golfista e non a suo giudizio.

Ciò mi pare chiaro e non contestabile. E, sia detto tangenzialmente, la variazione dell’handicap è sensata in entrambe le direzioni: tutti noi conosciamo almeno un “ladro di handicap” che tiene il suo handicap artificiosamente alto allo scopo di vincere louisiane, gare a coppie eccetera. In teoria i circoli hanno la facoltà di intervenire in casi del genere, abbassando d’ufficio l’handicap della persona, ma in pratica questo – per ovvi motivi – non accade.

Certo, bisogna tenere conto del fatto che le gare rappresentano un introito non secondario nel bilancio di un circolo, e che il numero di gare effettive di un golfista potrebbe essere inferiore rispetto ai desiderata sia per un motivo economico sia per la paura di prendere la virgola.

Quindi parrebbe la quadratura del cerchio. O no?

Qui va in realtà fatto un parallelo con la questione dei 20 euro aggiuntivi per la tessera: questa decisione risolve un problema attuale ma potenzialmente ne crea altri, più grandi, domani. Falsare le condizioni non è bello, ci aiuta oggi ma è un’arma a doppio taglio che domani si ritorcerà contro il golf italiano.

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Ott 19


La Margherita, sabato 13 ottobre, tee della buca 18, al termine del primo giorno del trofeo Città di Carmagnola, bella competizione in una splendida cornice che chiude il calendario piemontese delle gare con patrocinio della federazione.

Mi accorgo che uno dei miei compagni di gioco ha al polso, e utilizza, un Garmin Approach. Ora, tutti i misuratori di distanza sono vietati, come esplicita chiaramente la Normativa Tecnica della Federazione. (Non me ne sono accorto prima, concentrato com’ero sul mio gioco, od ovviamente l’avrei detto.)

In un caso del genere cosa fai? Lasci correre, tanto a te non cambia nulla, oppure denunci la situazione rischiando di passare per delatore?

Mi consulto con il mio caddie – già, per l’occasione avevo anche il caddie, nella persona di un mio carissimo amico – e infine decido che (io che mi do le penalità anche quando gioco da solo) non posso lasciar perdere. Prima chiedo alla persona se il Garmin si può usare, e lui risponde con un sì convinto: il che testimonia la buona fede ma ignorantia legis non excusat, si sa.

Allora al termine della gara faccio presenti i fatti alla segreteria, e la squalifica segue di conseguenza. Mi spiace, sinceramente mi spiace per la persona ma il golf è sport così preciso e corretto – altro che “un gioco degli sfigati”, come ha detto quel calciatore – che in casi del genere non si può agire diversamente.

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Ott 12


Sì, alla fine è un “semplice” discorso di dignità e di rispetto per gli altri.

A me piace giocare con gli altri, ma in campo mi diverto ugualmente anche da solo, e 18 buche sono tre ore di gioco per me.

Lunedì ci ho messo due ore e mezza per farne nove: ti scappano pazienza e concentrazione, è di fatto una perdita di tempo. Va detto che in genere chi mi vede da solo, soprattutto al mio circolo, mi fa passare; ma lunedì non è stato così. Vassapere.

No, seriamente, questo è un problema.

L’etichetta dice:

La precedenza sul campo è determinata dalla velocità di gioco del gruppo. […] Il termine “gruppo” comprende anche un giocatore singolo.

E l’etichetta fa parte integrante delle Regole del Golf, non è un orpello messo lì per abbellimento.

Una soluzione: essere assertivi, questo è certo. Ricordare a chi non lo sa come stanno le cose, con calma e senza arroganza. Ci vuole pazienza, ma si può fare.

Altre idee e opinioni?

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Ago 17

Conoscere le regole nel golf, si sa, è sia un dovere per il giocatore che – soprattutto – un aiuto e un vantaggio durante il gioco.

Ora la Federgolf distribuisce presso i circoli l’edizione a stampa di questa guida (il PDF è scaricabile qui), che è un riepilogo efficace di tutto quello che è importante sapere in fatto di handicap, EGA, CBA e compagnia cantando.

Raccomando la lettura. Di seguito alcuni commenti.

Intanto, nei Principi fondamentali si ribadisce un concetto che non sempre è applicato correttamente:

Ciascun giocatore farà del proprio meglio per conseguire il miglior risultato possibile in ciascuna buca di un giro valido.

E questo è un monito, chiaro, forte e inequivocabile, ai ladri di handicap, ovvero a coloro che tengono il loro handicap artificialmente alto con lo scopo di vincere le gare a coppie, a squadre, i match play pareggiati e così via. Egregi signori, il vostro comportamento non è ammissibile da un punto di vista di sportsmanship – vedete di darvi una regolata.

Poi, per quanto riguarda l’a volte temuto CBA (Computer Buffer Adjustment, che sostituisce il vecchio CSA e misura il grado di difficoltà media di una gara), esso può andare da +1 a -4: dunque un punteggio di 38 punti Stableford farà sempre scendere l’handicap del giocatore.

In sostanza occorrono due cose: conoscere le regole e fare almeno 38 punti per gara. That’s it.

Mar 02


Isabella Data, che esattamente tre mesi fa aveva pubblicato qui il suo grazioso Decalogo del campo pratica, ha scritto ora un altro pezzo che reputo interessante e che pubblico volentieri. Parla di regole, la cui conoscenza – è importante che sia chiaro – è un aiuto e non un deterrente per il giocatore. Da qui si possono scaricare le Regole del Golf 2012-2015 (e, mentre si è lì, si potrebbe dare un occhio anche alle Decisioni sulle Regole del Golf 2012-2013 e alla Normativa tecnica).

La parola a Isabella.

Quando ho iniziato a giocare a golf e sono venuta in contatto con le “regole”, il mio spirito libero le ha subito classificate come una raccolta di “tigne” (regole complicate e passabilmente astruse) sedimentata da almeno 200 anni. Poi ho scoperto il fascino etico, non solo tecnico di questo gioco; sono cresciuti, man mano, dentro di me l’apprezzamento e il rispetto per un gioco dove, sostanzialmente, si è arbitri di se stessi.

Giocando ho compreso che la bellezza del golf, il fatto che appassioni ogni giorno sempre di più, nasce dal fatto che è “un gioco che non si può vincere, si può solo giocare”: non annoia mai, giacché presenta sempre nuove e svariatissime situazioni di gioco, su cui influiscono morfologia dei campi, situazioni ambientali, vantaggi assegnati ai giocatori (i cosiddetti “handicap”), materiali a disposizione, tipi di competizione.

L’importanza del conoscere le regole per un giocatore di golf è massima: si tratta probabilmente dell’unico sport in cui ognuno è arbitro di se stesso, e quindi onestà e rispetto devono far parte del bagaglio di ogni golfista. Barare non ha nessun senso, anche perché si finisce non solo per ingannare se stessi, ma per togliere a se stessi l’essenza pura del vero divertimento.

In questo tempo così malinconico, teniamoci stretti lo spirit of the game e le regole.

Ultima riflessione: se un “servitore” dello Stato, un Consigliere di Stato, non coglie la gravità di azioni così disoneste come quella di farsi pagare ripetutamente le vacanze, allora valorizziamo di più un gioco che insegna ad adulti e a ragazzi ad apprezzare valori come onestà e correttezza. Un gioco, più serio della vita vera.

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