Parlavo qui di un problema (be’, “problema” è forse termine eccessivo, ma insomma di una questione golfistica – e comunque con il Piccolo principe dico che è il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante) che mi ha afflitto per diverse settimane: il putt. Il putt, tecnica dove sono sostanzialmente autodidatta, è sempre stato per me il luogo per eccellenza del golf dove la sicurezza regna sovrana, il colpo che mai mi ha dato tremore o difficoltà, perché ho sempre visto chiare le linee e ho sempre saputo dosare la forza con precisione. Ragion per cui quel problema mi aveva stupito prima ancora che preoccupato.
Ma come dicevo lo paragonavo a una sciatalgia, a qualcosa che come viene poi passa. Ebbene, quella difficoltà è ufficialmente sparita: nelle ultime due gare ho ripreso ad avere fiducia nei miei mezzi sul green e, di conseguenza, a imbucare il giusto.
Come è successo questo? Innanzitutto dirò che il problema è stato tecnico e non mentale (a differenza del gioco nel suo complesso, dove faccio ancora troppi errori mentali soprattutto nelle buche finali – riprenderò presto il discorso, perché è un punto troppo importante). Mi è stato fatto notare da più parti, anche da chi mi vedeva per la prima volta, che producevo un movimento a chiudere il colpo con la spalla destra all’impatto, cosa che provocava colpi tagliati, fuori linea e di forza non corretta. Allora ho lavorato con impegno sulla tecnica. L’idea di partenza è stata quella di assimilare il colpo del putt allo swing pieno, perché di fatto i difetti erano simili. Quindi ho pensato di spostare leggermente in avanti i fianchi, di tenere le mani più avanti e la spalla destra in basso e indietro. Sono caratteristiche che da tempo cerco di aggiungere allo swing – il paragone è per me evidente, sebbene le due tecniche siano ovviamente diversissime.
Il risultato comunque è stato che con 3-4 settimane di applicazione quel problema se ne è andato. La mia tecnica non sarà da manuale, non avendone le basi, ma del resto nel putt si trovano degli stili assolutamente diversi tra loro (il primo esempio è ovviamente Isao Aoki, uno dei migliori pattatori di sempre, con una tecnica inguardabile). E dunque dico che nel putt un maestro può fare grandi cose, ovviamente; ma nulla sostituisce l’analisi delle proprie sensazioni supportata da video, e che un lavoro profondo e pensato sul proprio movimento, a patto che si parta da conoscenze solide, può solo dare buoni risultati.
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