Giu 27


Ho cominciato a giocare a golf da giovane adulto. Avevo 36 anni all’epoca, mi sono avvicinato a un mondo sconosciuto che mi ha stregato in un amen. Mi bruciava dentro la voglia di diventare più bravo, di capire le sottigliezze dello swing, degli approcci, del putt. Quante volte ho rivisto in sogno i miei colpi!

Poi sono passati 14 anni e ora sono a tutti gli effetti un senior.

Ho i capelli grigi, la vista che cala.

Ho meno voglia di un tempo di dedicarmi anima e corpo al golf, perché tante cose le ho già viste. Situazioni già vissute, non c’è molto nel golf che possa stupirmi oggi. Questo, del resto, l’ha detto magistralmente Leopardi:

Ahi ahi, ma conosciuto il mondo
non cresce, anzi si scema, e assai più vasto
l’etra sonante e l’alma terra e il mare
al fanciullin, che non al saggio, appare.

E credo che questo sia un sentire comune a tante persone nate negli anni Sessanta. (Anche perché vedo sempre meno persone della mia generazione alle gare della Federazione cui un tempo partecipavano. Spesso e volentieri mi trovo a giocare con ragazzi i cui genitori, che li accompagnano, sono più giovani di me.)

Eppure il mio swing non è mai stato così cesellato come oggi.

Eppure c’è nel golf quel che di elusivo, di impalpabile e irraggiungibile, un desiderio sempre resurgente che fa sì che tu voglia tornarci ancora e ancora.

Per me è la fine dell’arcobaleno, quell’agognato giocare scratch cui forse arriverò. O forse no.

Ho cinquant’anni, i capelli grigi, tante ansie e paure che col golf non hanno nulla a che fare; ma con Gianni sì, e questo complica le cose.

Forse ci arriverò. O forse no. In ogni caso la fine dell’arcobaleno è là che mi aspetta.

Taggato:
Feb 28

Old Tom Morris
Quando ho preso in mano per la prima volta un bastone da golf avevo 36 anni suonati, e non costituisco certo un’eccezione: per una serie di ragioni storiche di non facile soluzione (almeno non immediata, ovvero che richiederebbero programmazione a lungo termine, visione, investimenti – ma di questo parleremo un’altra volta), è normale avvicinarsi al golf da adulti. La scioltezza del movimento dunque, quella che invidiamo nei ragazzini, non è qualcosa di naturale per noi, ma un che di appiccicato – faticosamente! – negli anni.

E quando, passato del tempo, sono diventato bravino, in maniera logica e conseguente mi si è posta una questione: quando questa leggerezza di swing così faticosamente conquistata comincerà a lasciarmi? Ovvero quando comincerà il declino?

Ebbene, su questo fronte ci sono buone notizie. Segnalo sul tema questo articolo, la cui lettura raccomando a qualunque golfista abbia più di quarant’anni. È un’indagine statistica approfondita condotta su giocatori del PGA Tour allo scopo di vedere il declino nelle loro prestazioni col tempo. Pur essendo un articolo accademico è di lettura scorrevole.

(Sia detto incidentalmente: se il cinquantanovenne Tom Watson avesse imbucato quel putt, alla settantaduesima buca del British Open del 2009, quell’eventuale vittoria sarebbe stata, a detta di molti commentatori, il più grande evento sportivo della storia.)

Il punto di partenza generale è che un declino in un ampiezza che va dallo 0,35 allo 0,5% annui nelle prestazioni fisiche è normale in un corpo che invecchia. Però sappiamo per esperienza che nel golf le cose non stanno esattamente così: perché, come anche suggeriscono diversi studi,

cognitive and motor performance can be maintained at high levels in spite of advancing age, provided there is continued involvement in the activity […] (i.e., training).

Quindi: l’allenamento costante è una prima risposta al tempo che passa per attività come il golf, dove la performance è in larga parte determinata dalle abilità motorie e di precisione; molto di più che in sport come il tennis e il calcetto, tanto per dire. Detta diversamente: il tempo necessario per acquisire abilità golfistica è elevato, ma poi la perdita appare più resistente all’età.

Continua lo studio:

Regression analyses of scoring average (mean number of strokes to complete 18 holes of golf) on age yielded an annual rate of decline in performance of 0.07% when competing on the PGA Tour and a rate of decline of 0.25% while competing on the Champions Tour.

Quindi il tasso di regressione è più basso rispetto alla norma: 0,07% annuo fino ai 50 anni e 0,25% annuo fino ai 60.

Non facciamoci incantare dal rigore (fittizio) dei numeri, e rimane comunque da dimostrare con precisione che i risultati possano essere trasferiti pari pari a noi golfisti normali; ma appare chiaro che per noi, figli degli anni Sessanta, c’è ancora speranza.

preload preload preload
© 2023 Gianni Davico  Licenza Creative Commons