In questi giorni ho preso parte per la prima volta ad una gara ufficiale della Federazione, il Trofeo Glauco Lolli Ghetti a Margara.
Cornice (ovviamente) splendida, organizzazione impeccabile. Ci sono entrato come “wild card” – che di solito si danno ai ragazzi di belle speranze… – e di fatto il mio handicap (5,5 al momento dell’iscrizione) era il più alto o comunque tra i più alti del field. E già mi dava gioia e mi faceva onore la possibilità di competere con giocatori davvero bravi (c’erano dieci partecipanti con handicap inferiore a 1 e complessivamente 47 con handicap inferiore a 3).
Il primo giorno sono stato completamente immerso “in the flow”: 78 è stato il risultato finale (12 par, 6 bogey e handicap sceso per la prima volta sotto i 5). Mi sono goduto l’intera giornata, dove tutto mi veniva semplice e naturale. Il colpo che ricordo con maggior soddisfazione (drive for show, putt for dough) è un putt per il bogey alla 8 (la mia penultima buca), che seguiva un drive spedito in acqua a 50 metri dal tee [sic – quandocumque bonus dormitat Homerus], un ibrido e un ferro 4 per arrivare in green col quarto, a dodici metri dalla buca in leggera discesa. Studio il putt da davanti, da dietro, da destra, da sinistra: non penso a nulla (come il mago Walter quando il trucco gli riesce, per dirla alla Ligabue) tiro e la palla parte leggermente forte ma dritta come una spada… buca! Son soddisfazioni.
In classifica ero 28° nel lordo e 8° nel netto. Il che, su un totale di 90 partecipanti, non è affatto male.
Il secondo giorno – oggi – la musica, senza un motivo apparente (o forse sì, ma è facile spiegare i fenomeni dopo che sono successi, come ci insegna Nassim Taleb), è cambiata completamente: 87 colpi, con le prime 9 giocate alla viva il parroco e un recupero nelle seconde quando ahimé era troppo tardi.
Totale: 165 colpi complessivi, taglio a 158, domenica a casa.
Mio bilancio: assolutamente positivo, sia come esperienza che come handicap (-0,3). Da anima bella, sono felice.