Dic 23


Accennavo la settimana scorsa ad un principio fondamentale per un golfista: l’idea che la pratica sia il più difficile possibile, in maniera che il campo diventi il meno complicato possibile.

Ecco, è un’idea semplice ma gravida di corollari e conseguenze. Ci sto riflettendo molto. L’acceleratore è stato questo libro, che prosegue – dal mio punto di vista – il discorso che ho iniziato con quest’altro. Ne scriverò più estesamente in futuro, qui, su “Golf Today” e nell’ebook che sto preparando.

Ad ogni modo, più che un singolo concetto si tratta di un’insieme di concetti che si intrecciano tra di loro. Innanzitutto il golf è divertente e in questo modo va inteso (questa è tra l’altro la singola lezione più significativa che Davis Love III ha appreso da quel grande maestro che era suo padre).

E poi, però, deve avere uno scopo, degli obiettivi, un contesto: per esempio che ci faccia diventare i golfisti migliori che possiamo essere. Non dei campioni, non dei professionisti, non necessariamente dei golfisti con l’handicap a una cifra: semplicemente i golfisti migliori che possiamo diventare. Esprimere il nostro potenziale al massimo.

Ebbene, uno strumento per arrivare lì è proprio quello di rendere la pratica difficile, in maniera che il campo sia poi facile (in senso relativo, è ovvio). Occorre praticare quindi sempre con uno scopo ben chiaro in mente, con degli obiettivi precisi, pensando molto e non semplicemente tirando una pallina dopo l’altra.

E una della modalità possibili per fare questo è proprio il gioco “Facciamo che io ero…” Del resto chi sa chi ha inventato questo gioco, nel golf? E poi anche Tiger ci gioca:

As a kid, it’s the way I learned to excel, to put myself in challenging positions. When I’m out practicing alone, I still do the same thing, like imagine some announcer going, Here’s Tiger Woods on the 18th hole, tied with Ben Hogan, Jack Nicklaus and Bobby Jones. Can he put this 3-wood on the right side of the fairway? It’s always about that inner battle. Can I or can I not do it? Your heart’s going. That’s the beauty of it.

E tra l’altro, in quella stessa intervista Tiger – parlando del padre – dice una cosa forse scontata ma interessante:

The cool thing about Pops is that through all the years, he kept it fun. Always competitive, always challenging, always fun.

Allora arrivo al titolo del post. Sanremo è il campo che io adoro maggiormente, tra quelli che conosco. Il circolo ospiterà a fine gennaio il Trofeo Sanremo, un classico del periodo (e la gara che tre anni fa inaugurò questo blog, by the way). L’altro ieri, ultimo giorno di apertura del mio circolo prima della pausa natalizia, ho passato un’ora in campo pratica giocando nella mia mente tutte e 18 le buche di Sanremo, dal tee della 1 all’ultimo putt alla 18.

Istruttivo e divertente. C’è molto da studiare, ma il cerchio si chiude. Per gli uomini è importante quindi scoprire qual è la crema antirughe uomo migliore.


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