Questo è un libro molto interessante per il golfista seriamente intenzionato a migliorare il proprio gioco. L’ho letto e riletto con molta attenzione, ne ho ricavato indicazioni illuminanti per la mia pratica. È un libro che ha del valore, pur non essendo facile, nel senso che va meditato e digerito e ciò richiede tempo.
Ne ho scritto una recensione su “Golf Today” di questo mese. E sono entrato in contatto con l’autore, Mark Guadagnoli. Ci siamo scambiati delle mail, ne è uscita fuori una conversazione sotto forma di intervista che pubblico qui a seguire. Mark mi aveva scritto:
One of the important topics to me is that most people think that the problem with the game is the way they play but in fact it is the way they practice.
[Uno dei punti nodali per me è il fatto che la maggior parte delle persone pensa che il suo problema con il gioco sia la maniera in cui gioca, mentre in realtà è la maniera in cui pratica.]
Già, i problemi sono rintracciabili (e di conseguenza risolvibili) in campo pratica. Il suo libro parla di questo, della spaced practice e di concetti sui quali dovremmo riflettere di più. Ma spesso non lo facciamo, impegnati come siamo a colpire una pallina dopo l’altra, nella convinzione – un vero e proprio tunnel mentale – che tirare palline senza sosta ci porti del beneficio; mentre il beneficio reale deriva dal pensiero che accompagna i colpi.
Rilassati, ragazzo. C’è ancora speranza. Intanto ecco qui il succo dei nostri conversari.
– How is your Italian?
[Com’è il tuo grado di conoscenza dell’italiano?]
Non va bene! But I am trying to learn. I love Italy and one of my goals is to speak the language and spend time cooking in the country.
[Non va bene! Ma sto cercando di imparare. Amo l’Italia e uno dei miei obiettivi è quello di parlare la lingua e trascorrere del tempo a cucinare nel vostro paese.]
– Where and how did you get the idea of the book?
[Dove e come hai avuto l’idea del libro?]
When one of the UNLV golfers (Ryan Moore) was in college we had weekly sessions where we would talk about ways for him to get better and he would tell me his perspective of how he thinks on the course and with practice. A few years after Ryan turned pro I finished the book.
[Quando uno dei golfisti dell’UNLV (Ryan Moore) era all’università abbiamo svolto delle sedute con cadenza settimanale in cui parlavamo delle maniere con cui avrebbe potuto migliorare, e lui mi esponeva la sua prospettiva di come pensa sul campo e durante la pratica. Pochi anni dopo che Ryan è diventato professionista io ho finito il libro.]
– You say that in order to become a better golfer you must learn to learn. How?
[Tu dici che per diventare un golfista migliore devi imparare a imparare. Come?]
The most basic idea is that you have to be willing to challenge yourself during practice. This means that you have to make a choice: Are you be more committed to looking good now or being great in the future? So many players practice what they are good at instead of challenging themselves during practice. This is not only in golf but in life as well. The book explains the mindset of achieving greatness and specific ways to do this.
[L’idea di base è che bisogna essere disposti a sfidare se stessi durante la pratica. Ciò significa che si deve fare una scelta: è preferibile per te apparire bravo adesso oppure essere un grande in futuro? Troppi giocatori praticano ciò che già sanno fare bene invece di sfidare se stessi durante la pratica. E questo non accade solo nel golf ma anche nella vita. Il libro spiega l’atteggiamento mentale necessario per raggiungere l’eccellenza e illustra i modi specifici per farlo.]
– One of the most interesting concepts of the book is spaced practice. Could you elaborate a bit about it?
[Uno dei concetti più interessanti del libro è la “pratica distanziata”. Puoi dire due parole al riguardo?]
The simplest thing you can do on the range is to watch the ball for as long as you can before you get a second ball to hit. Amateurs almost always hit balls too fast and it builds bad habits and restricts learning. Learning is a change in the brain’s biology and this takes time. Maybe a few seconds or a few minutes or a few hours but it takes time. Hitting one ball right after another speeds up tempo and doesn’t give your brain time to digest the information.
[La cosa più semplice che si può fare in campo pratica è quella di guardare la palla il più a lungo possibile prima di prendere una seconda palla da colpire. I dilettanti colpiscono quasi sempre la palla troppo velocemente: ciò dà vita a cattive abitudini e limita l’apprendimento. L’apprendimento è un cambiamento nella biologia del cervello e questo richiede tempo. Forse pochi secondi o pochi minuti o poche ore, ma comunque ci vuole tempo. Colpire una palla dopo l’altra manda fuori ritmo e non dà il tempo al cervello di elaborare le informazioni.]
– I would like you to elaborate on another important concept of the book – the goals you set for yourself and the process you use to reach them.
[Vorrei che approfondissi un altro concetto importante del libro: gli obiettivi che ti dai per te stesso e il processo utilizzato per raggiungerli.]
To me, goals set a destination, a destination to reach. Everything you do either moves you toward or away from that goal. Once I started playing golf in my mid-30s I had a goal to have a single digit handicap. My first registered handicap was 18 and a few years later I was a 4. I used the principles in the book most of the time. Sometimes I got lazy and didn’t practice the way I knew would work. When that happened I stopped getting better and it reminded me that the way I practice is either helping me toward my goal or moving me away from the goal.
[Per me, gli obiettivi stabiliscono una destinazione, una meta da raggiungere. Tutto ciò che fai ti avvicina oppure ti allontana da questo obiettivo. Quando ho iniziato a giocare a golf, intorno ai 35 anni, il mio obiettivo era di avere un handicap a una cifra. Il mio primo handicap registrato è stato 18, e qualche anno dopo ero 4. La maggior parte delle volte ho utilizzato i principi che espongo nel libro. A volte sono stato pigro e non praticavo nella maniera che sapevo corretta. Quando questo succedeva smettevo di migliorare, e ciò mi ricordava che la maniera con cui pratico o mi porta verso il mio obiettivo oppure mi allontana da esso.]
– What about your personal golf?
[Due parole sul tuo golf.]
I love golf! It is more than a game to me. It is a challenge. It is meditation, and like everybody else I want to be better than I am. Because I work with players so much and have other business and personal obligations I don’t play much but when I do I appreciate it deeply.
[Io amo il golf! Si tratta di più di un gioco per me. Si tratta di una sfida. È meditazione, e come tutti gli altri voglio migliorare. Dal momento che lavoro tanto con i giocatori e ho altre attività e obblighi personali non gioco molto, ma quando lo faccio lo apprezzo profondamente.]
– Your future plans regarding the teaching of golf.
[I tuoi piani futuri quanto riguarda l’insegnamento del golf.]
I teach because I love it. When opportunities arise that make sense I will take then but teaching golf is not what I do full time. When I do take on new clients it is always a very unique situation.
[Io insegno perché mi piace. Quando si presentano delle opportunità le colgo, ma l’insegnamento del golf non è quello che faccio a tempo pieno. Ciascun nuovo cliente è sempre un caso assolutamente unico.]
[…] considerazione di partenza è questa: golf is a game of circles. Insomma gira e rigira le questioni si ripresentano: le puoi accantonare per un po’, ma poi […]
[…] Il tempo. Non ci sono scorciatoie. Vale il concetto di spaced practice magistralmente espresso da Mark Guadagnoli nel suo libro. E sul tema vedi anche la nostra conversazione: […]
[…] il fatto che il tempo passa e a me, con i miei 48 anni, non rimane più molto tempo golfistico). Il golf è fatto a cerchi; negli ultimi mesi ho imparato delle cose, soprattutto sul volo della palla, che verranno buone […]