Feb 04


Domenica sera sono arrivato a casa con un risultato che gonfiava d’orgoglio il mio petto di golfista in erba: 13° nel lordo e 10° nel netto al Trofeo Sanremo; 79 e 75 i colpi tirati nei due giorni e handicap ritoccato verso il basso (4,7).

Della seconda giornata, soprattutto, conservo due sensazioni dominanti che descrivo a seguire.

La prima è relativa al tempo, che mi pareva non trascorrere: l’impressione è che la gara sia durata non più di mezz’ora. E qui probabilmente Einstein e la sua teoria della relatività avrebbero molto da insegnarmi.

La seconda è stata la mia calma olimpica dopo i colpi sbagliati. Non ho mai perso l’autocontrollo, e mi sono sempre messo di santa pazienza sul colpo dopo. In particolare il par 5 della 15 (la mia terza buca di giornata) – dove ho fatto doppio bogey con un paio di errori di troppo – avrebbe potuto essere fatale. Invece non mi sono innervosito, ma ho anzi proseguito con determinazione (nonostante un bogey alla buca dopo) con un birdie e una bella striscia di par. E a tale proposito mi sovviene Jovanotti che in Temporale dice:

L’invincibile non è quello che vince sempre
ma quello che anche se perde non è vinto mai

Questo perché gli errori sono inevitabili nel golf, ma il punto centrale è come noi reagiamo agli errori: passiamo subito allo stato dissociato, come se ci guardassimo da di fuori (“Sei uno stupido! Era il caso di buttarla in bunker proprio adesso? Scemo!”), oppure dimentichiamo quel che è stato, visto che al momento non c’è più nulla che possiamo farci, e ci concentriamo sul colpo successivo?

Fatto importante della gara di domenica: i salvataggi. Un punto fondamentale nel golf è salvare il par, ovvero usare il proprio piano B quando l’A non funziona. Ricordo in particolare due colpi: alla 5 col secondo sono andato lungo al green, il colpo era difficile perché la bandiera era di pochi passi dentro al green e in discesa. Lob e putt da un metro e rotti proprio davanti alla casa di Casera. Altro colpo, la buca dopo. Ho messo un ferro 9 da centro pista in bunker (sciocchezza, ok), un bunker altissimo da cui sono uscito col lob e poi ho salvato il par da un metro e mezzo in discesa. Daviquez!

Detto tutto questo, mi rendo conto che per me Sanremo – per tanti un campo normale – è un vero tempio del golf. (Mi sono fermato qualche secondo – c’era da aspettare – ad ammirare la scultura dedicata ad Aldo Casera all’uscita della 5.)


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